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Fermata #11 - Bitcoin City? La vera notizia è il Bitcoin Bond
El Salvador annuncia la costruzione della prima città fondata su Bitcoin. Verrà finanziata con bond composti al 50% dalla criptovaluta. Un terremoto per il mercato obbligazionario?
Una città fondata su Bitcoin e sostenuta dai proventi del mining alimentato dall’energia geotermica di un vulcano. E’ il progetto della Bitcoin City annunciato recentemente dal presidente di El Salvador Nayib Bukele, solamente due mesi dopo l’entrata in vigore della cosiddetta Bitcoin Law con cui il Paese ha dichiarato la criptovaluta a corso legale (vicenda raccontata nella prima fermata di questa newsletter). Da allora El Salvador ha accumulato più di 1.200 bitcoin (al cambio attuale circa 63 milioni di dollari) e non sembra intenzionato a venderne alcuno, almeno nel breve termine.
Ma com’è strutturato il progetto salvadoregno? Come verrà finanziato e quali conseguenze può comportare?
Una nuova Dubai costruita con Bitcoin
Per quanto possa sembrare rischiosa, l’idea è quella di far sorgere la Bitcoin City ai piedi di un vulcano. Il pericolo di una nuova Pompei dovrebbe essere scongiurato dal fatto che non esistono testimonianze storiche di eruzioni, per cui in linea del tutto teorica dovrebbe trattarsi di un’area sicura (ma il condizionale è d’obbligo). Stiamo parlando del vulcano Conchagua, a sud del Paese, non lontano dal confine con l’Honduras.
Dall’entusiasmo con cui è stato presentato il progetto (di seguito il tweet con cui Bukele ha postato il video dell’annuncio) sembra proprio che El Salvador voglia creare una sorta di nuova Dubai totalmente basata su Bitcoin.
La notizia più interessante dell’evento, però, non è tanto la costruzione della città, quanto le modalità studiate per finanziarla. Per la prima volta nella storia, uno Stato sovrano emetterà dei titoli di debito che includono bitcoin.
Bitcoin Bond
Con la collaborazione di Blockstream, società guidata dal cypherpunk Adam Back (di cui ho parlato nella fermata precedente), e di Bitfinex, exchange che ha introdotto la stablecoin1 Tether - El Salvador ha annunciato il lancio dei Bitcoin Bond.
Si tratta di obbligazioni decennali - a tutti gli effetti titoli di Stato - dal valore di 1 miliardo di dollari: di ognuna di queste, il 50% del ricavato verrà utilizzato per la costruzione delle mining farm e delle prime infrastrutture cittadine, l’altro 50% verrà direttamente investito in bitcoin con un vincolo di 5 anni. I bond sono così strutturati:
Emittente: Repubblica di El Salvador
Valore: $ 1.000.000.000
Durata: 10 anni
Interesse annuale: 6,5% pagabile ogni gennaio
Sottoscrizione minima: $ 100
Benefit aggiuntivo 1: al termine del vincolo quinquennale, se il prezzo di bitcoin sarà aumentato, il 50% degli utili verrà redistribuito agli obbligazionisti in forma di dividendo. In caso di diminuzione di prezzo le perdite saranno assorbite dallo Stato.
Benefit aggiuntivo 2: cittadinanza di El Salvador in caso di investimento uguale o superiore a $ 100.000 mantenuto per almeno 5 anni.
Secondo le stime del progetto i proventi del mining saranno sufficienti per ripagare gli interessi e il debito agli obbligazionisti e, di conseguenza, l’iniziativa non dovrebbe pesare sulle casse pubbliche. Di fatto, uno dei paesi più poveri del mondo (il pil pro-capite è di circa 1/5 quello italiano) potrebbe far fronte al rimborso delle obbligazioni senza dover ricorrere a ulteriore debito o a eventuali aiuti del Fondo Monetario Internazionale. Il Cso di Blockstream Samson Mow, in un’intervista a Bloomberg TV, ha persino definito l’Fmi e la Banca Mondiale “irrilevanti” (minuto 6:09).
Powering a Bitcoin city with the energy of a volcano: that’s the bet of El Salvador, along with plans to raise about $1B via a “Bitcoin Bond” in partnership with Blockstream. Blockstream CSO Samson Mow joins @CarolineHydeTV for more – live from the Conchagua volcano
— Bloomberg TV (@BloombergTV)
12:31 AM • Nov 23, 2021
Fondi istituzionali e mercato obbligazionario: un possibile terremoto?
I grandi investitori potrebbero interessarsi a questi bond per due motivi:
Perché sono strettamente legati a bitcoin: l’interesse per la criptovaluta nell’ultimo anno è aumentato in modo estremamente significativo. I grandi fondi, che potrebbero avere grossi problemi burocratici nel comprare veri bitcoin, hanno ora uno strumento per entrare nel mercato dalla porta di servizio: dato che i bitcoin fanno parte del bond e gli interessi vengono pagati in dollari, i fondi possono legalmente investire. Potrebbero essere particolarmente interessati gli asset manager statunitensi perché negli Usa non è ancora stato approvato uno spot Etf2 dalla Sec.
Per vantaggi economici: la gran parte del mercato obbligazionario oggi offre interessi bassissimi, spesso negativi, per via delle politiche espansive delle banche centrali che mantengono i tassi vicini allo zero. In particolare i Treasury a 30 anni - tra i titoli di Stato Usa più acquistati - offrono oggi l’1,76% di rendita annua (e con l’inflazione attuale rappresentano di fatto un investimento a perdere, così come quasi tutte le obbligazioni). I vantaggi di un bitcoin bond (peraltro decennale, non trentennale), con il 6,5% di interesse annuale e dividendo in caso di aumento del prezzo di bitcoin, sono evidenti.
Complessivamente ammontano a circa 130 mila miliardi i dollari investiti in obbligazioni che non rendono o hanno tassi negativi. Se anche una piccolissima percentuale di questi venisse dirottata verso i Bitcoin Bond e il modello El Salvador avesse successo, molti paesi in via di sviluppo potrebbero pensare di seguire l’esempio centroamericano e finanziarsi con prodotti simili.
Un attacco speculativo?
L’emissione dei Bitcoin Bond, per qualcuno, rappresenta un vero e proprio attacco speculativo al dollaro. Prendendo a prestito una somma in valuta nazionale, che tende naturalmente a perdere valore (specialmente in questo periodo di alta inflazione), e investendola in un asset che tende invece ad apprezzarsi per via della sua scarsità, di fatto è come se El Salvador stesse shortando il dollaro, scommettendoci contro.
Un paradiso fiscale per bitcoiner
La mossa di Bukele appare studiata apposta per attrarre chi nel tempo ha accumulato grandi ricchezze con i propri investimenti in bitcoin, il cui tasso di crescita composto annuale nell’ultimo decennio è del 196,7%, un dato ineguagliato nella storia della finanza. Nella Bitcoin City vigerà solamente un 10% di IVA sull’acquisto di beni e servizi, per il resto i residenti godranno di un regime completamente tax-free. Redditi, plusvalenze, proprietà avranno lo 0% d’imposizione fiscale.
Le infrastrutture e i servizi pubblici dovrebbero essere finanziati, oltre che con parte dei fondi raccolti dai bond, con i proventi del mining. Servirà moltissima energia elettrica a basso costo ma non sarà un problema per un paese ricco di vulcani e con centrali già attrezzate per convertire l’energia geotermica in elettricità. Grossi investimenti iniziali saranno legati proprio all’installazione dei macchinari per il mining (ASIC) nelle centrali energetiche, elemento che garantirebbe un grande vantaggio competitivo nel caso in cui l’esempio salvadoregno venisse seguito in futuro da altri paesi.
Un impianto di mining è già operativo e ha iniziato a produrre i primi bitcoin a inizio ottobre:
Inizio della rivoluzione o caso isolato?
E’ ancora presto per capire se quello di El Salvador sia un progetto concreto che ridisegnerà gli schemi geopolitici internazionali oppure più un’idea di marketing per rivolgere verso il presidente Bukele - che certo non disprezza il protagonismo - i riflettori globali.
Ciò che è certo è che si tratta del primo tentativo in assoluto di creare un’economia, seppur in scala ridotta, interamente basata su Bitcoin: una singolarità i cui sviluppi verranno osservati attentamente dal mondo intero.
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