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Fermata #149 - Stampa & Bitcoin - Le reazioni all'ETF

Da interviste ricche di spunti a editoriali infuocati: la reazione della stampa tradizionale italiana all'approvazione degli ETF spot su Bitcoin da parte della SEC

La storica apertura della Securities and Exchange Commission agli ETF spot su Bitcoin, con il conseguente ingresso sui mercati finanziari Usa di 11 ETF, ha comprensibilmente fatto il giro del mondo. Se n’è parlato un po’ ovunque, soprattutto in Europa e Stati Uniti. Come hanno reagito, in particolare, i giornali italiani?

Nella settimana successiva all’approvazione gli articoli usciti sono stati decine contando anche quelli che hanno riportato puramente la notizia in forma di cronaca. Ho quindi selezionato solo i principali commenti ed editoriali, per rendere l’idea della reazione della nostra stampa.

I protagonisti dei sei articoli selezionati sono Sole 24 Ore, Milano Finanza e Corriere della Sera. Partiamo dagli esempi virtuosi.

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Vito Lops intervista Ophelia Snyder di 21Shares - Sole 24 Ore

11 gennaio: a pagina 3 del Sole 24 Ore compare l’intervista di Vito Lops a Ophelia Snyder, co-fondatrice e presidente di 21Shares, la casa di investimento che insieme ad Ark Invest ha presentato domanda alla Sec per la quotazio­ne del proprio ETF su Bitcoin: ARKB. La dirigente di 21Shares conferma una visione già discussa prima dell’approvazione dei prodotti finanziari:

Da un punto di vista regolamenta­re, questa emissione riduce la percezione sul rischio legato al Bitcoin per quei consulenti che vogliono investire nel settore, in quanto da ora in poi potranno essere sicuri che non finiranno nei guai per aver acquistato questi prodotti e potranno contare su una struttura nota, che garantisce liquidità, trasparenza e nessun effetto premium/discount.

Più sicurezza percepita significa anche più leggerezza nel proporre un prodotto che, per chi è da sempre abituato a investire nei mercati regolamentati, può diventare sempre più una riserva di valore in una decade, la prossima, che sarà segnata dall’inflazione. Snyder evidenzia anche un fatto ben noto alla community ma raramente evidenziato sulla stampa tradizionale, ossia l’impatto che avrà l’aumento della liquidità sul mercato. Un mercato più liquido implica una minor volatilità e, indirettamente, anche un minor impatto dell’halving: lo shock dell’offerta che si verifica in Bitcoin ogni 210.000 blocchi.

Nel tempo, il numero degli investi­tori aumenterà e i volumi scambiati cresceranno; pertanto, l'effetto dell'halving non potrà fare altro che ridursi. Oggi il Bitcoin è ancora in una fase di scarsa liquidi­tà e l'halving incentiverà ulterior­mente questa dinamica. Scarsa liquidità e aumento della domanda dovuta all'emissione dell'Etf sono due elementi bullish per l'asset.

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Follow the money - Corriere della Sera

Una nota di merito va riconosciuta, per una volta, anche al Corriere della Sera. Il 13 gennaio il quotidiano di via Solferino evidenzia un fatto che non è passato in primo piano, ma non per questo meno significativo. Società come Goldman Sachs e JpMorgan, nemiche giurate di Bitcoin da anni a questa parte, faranno con ogni probabilità parte della struttura di alcuni ETF.

In particolare JpMorgan, il cui Ceo Jamie Dimon è uno dei critici più sonori di Bitcoin da sempre. Quest’ultimo ha ribadito il suo scetticismo anche negli ultimi giorni parlando alla CNBC in collegamento dal World Economic Forum di Davos. Dimon, in sequenza, ha detto:

  • Il mio consiglio personale è quello di non lasciarsi coinvolgere in Bitcoin”;

  • Credo che ci sia una buona possibilità che Satoshi torni e alzi il limite dei 21 milioni di bitcoin”;

  • “Non mi interessa. Smettete per favore di parlare di questa merda”.

Al di là dell’imbarazzo che dovrebbero generare tali dichiarazioni, il vecchio Jamie pecca d’incoerenza visto il ruolo della sua banca, la più grande al mondo, di partecipante autorizzato nell’IShares Bitcoin Trust, ossia l’ETF emesso da BlackRock. Di fatto il colosso bancario ha il diritto di creare e riscattare azioni dell'ETF: JpMorgan aiuta a garantire che l'ETF sia in grado di fornire ai suoi investitori l'accesso diretto al prezzo spot di bitcoin.

Non scorgere il cavallo di Troia - Sole 24 Ore

Passiamo alle dolenti note. I lettori storici di questa newsletter sapranno benissimo quanto io abbia insistito sul concetto del cavallo di Troia. Ne hanno scritto tanti membri del settore, uno su tutti Alex Gladstein, Cso della Human Rights Foundation. Bitcoin è uno strumento libero, difficile da imbrigliare, i cui incentivi economici fanno gola a chiunque.

Era inevitabile che la domanda degli investitori prima o poi portasse Wall Street verso Bitcoin. Il tema è proprio questo: come scritto anche nella fermata precedente, è Wall Street che si è interessata a Bitcoin, non il contrario. Vittorio Carlini, sul Sole 24 Ore dell’11 gennaio, in un articolo intitolato “Il sogno anarchico finisce nell’angolo”, sembra non capirlo.

La finanza tradizionale si va appropriando del Bitcoin. Una dinamica che, peraltro, era già visibile nel 2022.

La miglior risposta all’articolo l’ha data con la metafora relativa a Cristianesimo e Roma Antica nella sua newsletter :

L’impennata di produzione di bitcoin - Sole 24 Ore

Prima di abbandonare il Sole 24 Ore non si può non menzionare l’articolo di Sissi Bellomo pubblicato il 18 gennaio: “Il lato oscuro dei Bitcoin: inquinano come 16 milioni di auto a benzina”. Non commenterò i dati riportati nel pezzo relativi all’impatto ambientale, smentiti e debunkati tutti quanti più e più volte sia in questa newsletter che da fonti internazionali. Mi limito a lasciarvi qui una chicca relativa proprio all’approvazione degli ETF: una semplice riga di cui il principale quotidiano economico del Paese dovrebbe a dir poco vergognarsi:

La platea degli investitori si allargherà, motivo per cui molti analisti prevedono un’impennata della produzione di Bitcoin, che potrebbe proseguire per anni.

No comment.

A volte ritornano - Milano Finanza

Quando il presidente della Sec Gary Gensler, negli Stati Uniti, ha deciso di approvare gli 11 ETF spot su Bitcoin, al presidente della Consob deve essere venuto un coccolone. Così Paolo Savona, memore delle sue tradizionali invettive contro Bitcoin, ha deciso di prendere in mano la penna e pubblicare la sua opinione su Milano Finanza, l’11 gennaio:

Se si permette l'ibridazione tra vec­chie e nuove monete e vecchi e nuovi strumenti il funzionamento del mercato mobi­liare diventa complesso, la vigilanza pubblica sempre meno efficace e costosa. […] Oggi il sistema monetario e finanzia­rio è in mezzo al guado e non sa verso quale sponda si va indirizzando. Ai gruppi diri­genti spetta un compito di programmazione istituziona­le impegnativo, che per esse­re attuato richiede prima di tutto una comprensione del problema da af­frontare, che ancora non sembra caratteriz­zare ciò che si va decidendo in materia.

Capito poco? Comprensibile, vi agevolo la parafrasi: “Bitcoin è difficile e non lo capisco, so solo che se la gente dovesse usarlo estensivamente la vigilanza finanziaria sarebbe ancora più difficile”. Bingo, caro Paolino!Regole senza regolatori”: è il preciso scopo di Bitcoin.

Il tappeto rosso del direttore - Milano Finanza

Al presidente della Consob è stato ben felice di fare eco il direttore del quotidiano Roberto Sommella, che da sempre si contraddistingue per le opinioni poco informate su Bitcoin. Il 12 gennaio non ha perso occasione di confermarsi, scrivendo:

Gli Etf sui bit­coin possono accende­re una miccia perico­losa su una nuova bol­la finanziaria, come accaduto nel 2007 con i mutui subpri­me, i quali proprio non basandosi su col­laterali solidi innescarono una serie di de­fault per poi deflagrare anche nell'econo­mia reale, con le conseguenze che tutti hanno conosciuto, dopo il fallimento del­la Lehman Brothers, anche da questa par­te dell'Atlantico.

Spiace per Sommella ma il suo è un paragone tanto popolare quanto fuori luogo. Per l’ennesima volta Bitcoin viene accostato a ciò che è nato per contrastare. Bitcoin è una reazione alle fragilità del sistema finanziario tradizionale: un sistema, per l’appunto, privo di un vero collaterale non dal 2007 ma dal 1971.

Forse passerà ancora tanto tempo prima che il grande pubblico si renda conto del fatto che Bitcoin stesso è il collaterale e, in quanto sistema a offerta nota e finita, rappresenta una concreta alternativa a un sistema in cui l’unica imitazione di collaterale si chiama fiducia: una fiducia riposta in istituzioni che l’hanno ripetutamente tradita.

Qual è la vera bolla, direttore?

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