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Fermata #174 - Dr. Jekyll e Mr. USA
Dalla sentenza Tornado Cash alla proposta di legge sui diritti legati a Bitcoin: Stati Uniti double-face nell'approccio alla privacy e alla custodia indipendente dei propri fondi
Eventi contrastanti, la cui logica risponde a interessi diametralmente opposti, ma che trovano spazio in un Paese la cui divisione politica e ideologica è sempre più radicale: gli Stati Uniti.
Da una parte la criminalizzazione di strumenti finalizzati al miglioramento della privacy, dall’altra la spinta uguale e contraria di forze che vogliono rifarsi ai principi libertari dei padri fondatori americani.
Gli eventi a cui mi riferisco sono tre: il caso Tornado Cash, una lettera bipartisan in difesa dei servizi non-custodial e una legge in Oklahoma che dichiara la self-custody e il mining come diritti.
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Il caso Tornado Cash
Il caso dello strumento privacy focused per gli utenti Ethereum è di estrema attualità per entrambe le coste atlantiche. Da una parte gli Stati Uniti e dall’altra l’Olanda.
Tornado Cash utilizzava smart contract su Ethereum per gestire i fondi depositati e prelevati. Gli smart contract sono autonomi, cioè funzionano automaticamente secondo il codice predefinito senza necessità di intervento umano e non possono essere modificati una volta implementati. Di fatto, Tornado Cash era uno strumento di mixing non-custodial di Ether (il token della rete Ethereum, nda) gestito della società PepperSec. Quest’ultima è stata co-fondata da Alexey Pertsev, 31enne russo residente in Olanda, e due russi residenti negli Stati Uniti: Roman Storm e Roman Semenov.
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Da quando Tornado Cash è stato identificato dalle autorità come una presunta minaccia, quindi, si sono attivate le procure di entrambi i Paesi. Sono ora in corso processi sia negli Stati Uniti, contro Storm e Semenov, che in Olanda, contro Pertsev.
Nella fermata #171 avevo già parlato di come l’orientamento statunitense fosse tanto preoccupante quanto privo di senso logico. Per sostenere che Tornado Cash fosse un cosiddetto Money Service Business privo di licenza l’accusa è arrivata a sostenere che non serva il controllo sui fondi per essere considerato un trasmettitore di denaro.
Ebbene, sono bastati pochi giorni perché i Paesi Bassi seguissero le indicazioni dell’accusa statunitense. Nel caso olandese è arrivata la prima sentenza: Alexey Pertsev è stato dichiarato colpevole di riciclaggio di denaro e condannato a 64 mesi di carcere: un verdetto che potrebbe influenzare in modo decisivo anche le autorità a stelle e strisce.
Le caratteristiche del verdetto
Secondo il verdetto del Tribunale di Oost-Brabant, emesso lo scorso 14 maggio, Tornado Cash avrebbe permesso il riciclaggio di 535.809 ETH, per un valore di circa $1,2 miliardi.
Nonostante la difesa sostenesse che Tornado Cash fosse stato sviluppato come strumento legittimo per garantire la privacy degli utenti e che l'imputato non fosse in grado di controllare l'uso illecito della piattaforma, il giudice ha sostenuto che lo strumento fosse deliberatamente progettato per facilitare il riciclaggio.
Inoltre, secondo la sentenza (consultabile qui in lingua originale), l’imputato sarebbe stato consapevole del fatto che Tornado Cash avrebbe potuto essere utilizzato per riciclare denaro.
In buona sostanza, la natura autonoma di Tornado Cash e il fatto che i suoi sviluppatori non avessero alcun tipo di controllo sui fondi degli utenti, non scagiona l’imputato.
Mi ripeterò ma, come scritto nella fermata #171, l’unica cosa ad essere criminale in questo caso è lo stupro della razionalità: anche i produttori di portafogli in pelle dovrebbero essere considerati criminali perché anche i loro prodotti non esercitano il controllo su quei fondi che alcuni utenti potrebbero utilizzare per scopi illeciti.
La lettera in difesa della self-custody
Fortunatamente l’incoerenza logica dell’interpretazione olandese e americana non è passata inosservata. La senatrice repubblicana Cynthia Lummis, da tempo sostenitrice di Bitcoin, ha firmato insieme al senatore democratico Ron Wyden una lettera bipartisan indirizzata al Procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland.
Il Bank Secrecy Act definisce la "trasmissione di denaro" come "l'accettazione e la trasmissione di valuta, fondi o valori che sostituiscono la valuta con qualsiasi mezzo". L'uso del termine "accettare", che è comunemente definito come "ricevere volontariamente", fornisce una chiara evidenza che il Congresso ha inteso il requisito che un trasmettitore di denaro abbia assunto il controllo dei beni degli utenti come conditio sine qua non delle attività che rientrano nel campo di applicazione dello statuto.
Di conseguenza, i fornitori di servizi non-custodial non possono essere classificati come imprese di trasferimento di denaro perché gli utenti di tali servizi mantengono il possesso e il controllo esclusivo dei loro beni in criptovaluta.
La firma di Ron Wyden è significativa. Negli Stati Uniti l’immaginario collettivo ha spesso associato Bitcoin al partito repubblicano, soprattutto perché i rappresentanti politici che si sono esposti positivamente sulla scoperta di Satoshi Nakamoto provengono soprattutto da quell’area. L’unico democratico, Robert F. Kennedy Jr, ha lasciato il partito lo scorso anno.
Con questa lettera anche i democratici provano a mettere le mani su Bitcoin e sulla difesa del diritto a scrivere codice open-source, provando a contrastare la deriva totalitaria del Dipartimento di Giustizia che vorrebbe ammanettare anche gli sviluppatori di software che non esercitano alcun controllo sui soldi degli utenti.
In Oklahoma la self-custody e il mining sono diritti
Il 13 maggio scorso lo stato dell'Oklahoma ha approvato una legge che protegge il diritto dei cittadini a detenere e controllare i propri “asset digitali” utilizzando hardware wallet. La legislazione, nota come Bitcoin Rights e firmata dal governatore repubblicano Kevin Stitt, garantisce che le autorità statali non possano proibire l'uso delle criptovalute per transazioni legali. Inoltre consente esplicitamente il mining domestico.
Inutile sottolineare come una simile legge sia del tutto irrilevante in termini pratici: a Bitcoin non serve l’autorizzazione del regolatore per funzionare e agli utenti non serve il permesso scritto per utilizzarlo, altrimenti non potrebbe essere definito permissionless.
Simili iniziative, però, evidenziano come sia democratici che repubblicani abbiano deciso di utilizzare Bitcoin come strumento di dibattito: un fatto inimmaginabile solo fino a pochi anni fa e che implica conseguenze sia positive che negative. Da un lato, la pochezza e la povertà del dibattito politico non potranno che banalizzare Bitcoin: nei talk show, nelle interviste e nei comizi non c’è spazio per l’approfondimento e questo non potrà che favorire una narrazione distorta della tecnologia. Dall’altro, banalità fa rima con popolarità. Meno un tema è complesso, più può essere digerito dalle grandi masse: la politicizzazione di Bitcoin potrebbe essere un bene perché nell’enorme bacino di utenti raggiunto dal dibattito politico, una piccola percentuale di persone potrebbe incuriosirsi concretamente al tema e approfondire individualmente la scoperta di Satoshi.
Visioni distorte di massa per qualche bitcoiner consapevole in più. Un bene o un male?
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