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Fermata #175 - Attacco al dollaro digitale
Negli Stati Uniti continua il conflitto politico legato a Bitcoin e digital asset. Il Congresso si scontra con governo e Federal Reserve.
Sembra quasi che questa newsletter si stia trasformando in “Bitcoin Train - Edizione Stati Uniti”. Non temete, non è così, ma l’attualità impone di dedicare anche questa fermata, come tre delle ultime cinque, a Washington.
Oltreoceano si susseguono novità giorno dopo giorno in un dibattito pubblico in cui Bitcoin, insieme ai temi a esso associati, emerge sempre di più. Questa settimana è il turno di due scontri:
Quello tra il Congresso e il governo sulla gestione dei cosiddetti digital asset.
Quello tra il Comitato dei Servizi Finanziari e la Federal Reserve sul dollaro digitale.
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Congresso contro Sec e governo
L’annullamento delle linee guida della Sec
Il 16 maggio, con un voto di 60 a 38, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione congiunta che richiede alla Securities and Exchange Commission (Sec) di annullare le direttive del comunicato SAB 121: quest’ultime obbligano le istituzioni finanziarie che operano con criptovalute a registrare gli asset dei clienti come passività nei loro bilanci, un’interpretazione che ha suscitato spesso incertezza tra gli attori del settore.
L'annullamento delle linee guida SAB 121, se confermato, avrebbe almeno due implicazioni significative per le istituzioni finanziarie:
Maggiore flessibilità contabile: smettere di registrare i digital asset dei propri clienti come passività significherebbe automaticamente maggiore flessibilità, permettendo alle istituzioni finanziarie di adottare pratiche contabili già ampiamente utilizzate con altre asset class e facilitando quindi la burocrazia.
Aumento dei servizi: la flessibilità potrebbe incentivare la nascita di nuovi servizi legati alla custodia, aumentando l’offerta per quegli utenti che non hanno interesse nel gestire le proprie chiavi private.
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La minaccia del veto
Nonostante l’approvazione al Senato - e quella precedente della Camera - il futuro della risoluzione non è garantito. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha espresso l’intenzione di porre il veto, sostenendo che le linee guida della SAB 121 sarebbero cruciali per “proteggere gli investitori” e “garantire la trasparenza nel mercato delle criptovalute”. Biden ritiene che l'annullamento delle direttive comprometterebbe la sicurezza finanziaria e aprirebbe la strada a pratiche “rischiose”.
Se il veto presidenziale dovesse essere esercitato, la risoluzione tornerà al Congresso, dove sarà necessaria una maggioranza di due terzi in entrambe le camere per superarlo.
Bitcoin? “Va gestito dal regolatore delle commodity”
C’è un secondo punto di scontro tra il Congresso e il governo ed è probabilmente ancora più importante del primo. La Camera dei Rappresentanti ha approvato lo scorso 22 maggio il Financial Innovation and Technology for the 21st Century Act (abbreviato con la sigla FIT21). Il sostegno è stato bipartisan, con il voto favorevole di 71 democratici e 208 repubblicani. Ora la legge dovrà passare al Senato, dove però la maggioranza è democratica e dunque l’approvazione non è del tutto scontata nonostante la natura bipartisan del testo. L’implicazione in caso di successo? Una bocciatura fragorosa per la Sec.
Il cuore del disegno di legge è la volontà di chiarire il ruolo della Sec (Securities and Exchange Commission) e della Cftc (Commodity Futures Trading Commission) nella regolamentazione di Bitcoin e anche delle criptovalute più in generale.
La FIT21 propone in buona sostanza di trasferire la responsabilità della regolamentazione su Bitcoin e su poche altre criptovalute dalla Sec, l’ente che regola il trading delle securities, alla Cftc, l’ente che regola il trading su materie prime, metalli, energia e altri strumenti considerati come commodity. Di fatto, l’approvazione della legge implicherebbe l’interpretazione ufficiale di Bitcoin come una commodity.
Nonostante Biden abbia espresso opposizione alla legge, non è stata ancora annunciata alcuna intenzione di veto. La Casa Bianca ha dichiarato di essere “desiderosa di collaborare con il Congresso” per sviluppare un quadro normativo alternativo per gli asset digitali.
Attacco alla Federal Reserve
L’altro fronte è quello della Cbdc americana, il dollaro digitale. La Federal Reserve ha più volte espresso cautela relativamente all’emissione di una forma di denaro centralizzata e contemporaneamente programmabile, ma vista la tendenza globale di ricerca e sviluppo verso le Cbdc le preoccupazioni di una parte dei rappresentanti politici statunitensi non mancano.
Per questo mesi fa il capogruppo della maggioranza repubblicana alla Camera Usa Tom Emmer aveva presentato un disegno di legge chiamato CBDC Anti-Surveillance State Act.
Il disegno di legge mirava a vietare alla Federal Reserve l’emissione di una Cbcd a meno che non venisse espressamente autorizzata da un voto del Congresso. Emmer aveva dichiarato:
La mia legislazione garantisce che la politica sulla valuta digitale degli Stati Uniti rimanga nelle mani del popolo americano, in modo che lo sviluppo della moneta digitale rifletta i nostri valori di privacy, sovranità individuale e competitività del libero mercato.
Nella giornata del voto alla Camera dei Rappresentanti, il 23 maggio scorso, sono stati diversi i repubblicani che, commentando il disegno di legge, hanno avvertito di come un dollaro digitale potrebbe trasformarsi in uno strumento di sorveglianza di massa, compromettendo i diritti alla privacy e alla libertà economica dei cittadini.
I democratici, al contrario, non sono sembrati particolarmente preoccupati dai rischi implicati da una Cbdc. Secondo l’argomentazione più diffusa il divieto potrebbe “ostacolare l'innovazione e la ricerca nel settore delle valute digitali”. Solo tre dem hanno votato a favore del disegno di legge, che è stato approvato grazie al voto dei 213 repubblicani.
Il destino della legge rimane quindi incerto: il testo dovrà passare al Senato, dove la maggioranza democratica potrebbe rappresentare un ostacolo significativo.
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