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Fermata #18 - Vivere di soli bitcoin? Si può fare
Intervista a Riccardo Giorgio Frega, autore del Bitcoin Italia Podcast, che ha trascorso 45 giorni in El Salvador pagando solamente in bitcoin.
Se El Salvador trarrà beneficio dalla legge Bitcoin, non credo che gli altri paesi del Centroamerica si lasceranno sfuggire l’opportunità. Dalle informazioni che abbiamo raccolto sembra che già in primavera anche l’Honduras potrebbe rendere bitcoin valuta a corso legale. Si tratta di indiscrezioni, ma non mi stupirebbe se si rivelassero veritiere.
A parlare è Riccardo Giorgio Frega, attivista libertario e autore del Bitcoin Italia Podcast che, insieme a Laura Nori, community manager di Desmos, ha trascorso 45 giorni esplorando El Salvador con una missione: vivere pagando solo ed esclusivamente in bitcoin, senza mai toccare un dollaro.
Sì, perché il piccolo Paese centroamericano è stato il primo, e finora l’unico, ad aver reso bitcoin valuta a corso legale con una legge entrata in vigore il 7 settembre 2021. I motivi sono vari. Tra i più evidenti:
Il 70% della popolazione locale non ha accesso a un conto bancario ed è quindi confinato all’uso del contante;
Secondo la Banca Mondiale, nel 2020 il 24,1% del Pil era costituito dalle rimesse degli emigrati che, per inviare denaro in El Salvador, erano costretti ad affidarsi alle società di money transfer pagando commissioni fino al 33%. Bitcoin rappresenta un modo per evitare tali servizi.
L’economia di El Salvador si basa sul dollaro. Questo rende il Paese dipendente dalle mosse della banca centrale americana, la Federal Reserve, e non in grado di controllare una propria politica monetaria.
El Salvador sta accumulando bitcoin nella propria tesoreria. Scommettendo sulla crescita di questa tecnologia, il Paese spera di poter migliorare la propria situazione patrimoniale.
Riccardo Giorgio Frega e Laura Nori hanno quindi deciso di partire a fine novembre per capire se fosse possibile, a poche settimane dall’entrata in vigore della legge, vivere senza sfiorare un dollaro.
Missione compiuta?
Sì. L’adozione di bitcoin qui è abbastanza ampia. Però va fatta una distinzione. Le grosse catene di supermercati e ristoranti si sono adeguate quasi subito, mentre la situazione nelle strutture ricettive è diversa: non si può ancora prenotare un albergo pagando online in bitcoin. Ovviamente le zone più esposte al turismo estero - di cui una buona fetta viene qui per la legge Bitcoin - si sono già perfettamente adeguate. Abbiamo incontrato qualche difficoltà fuori dalle zone più turistiche. La nostra tecnica è stata quella di scaricare l’elenco di tutti gli hotel del luogo in cui avremmo alloggiato per poi chiamarli uno per uno: generalmente ne chiami dieci e l’undicesimo ti dice di sì.
Qualunque servizio pubblico può essere pagato in bitcoin?
Nì, come spesso capita l’organizzazione governativa è molto più lenta dell’impresa privata. Ad esempio i musei non accettano bitcoin, non hanno ricevuto direttive da parte del ministero della Cultura. Qui ci sono rovine Maya molto belle, quelle di Tazumal, ma non c’è stato verso di visitarle. Paradossalmente fuori dal sito archeologico le bancarelle che vendono i souvenir accettano bitcoin. Ancora una volta impresa privata batte Stato tre a zero.
Come viene utilizzato bitcoin dalla popolazione locale?
La tendenza qui è quella di non risparmiare in bitcoin ma, quando si ricevono, di cambiarli subito in dollari per poterli spendere. Dipende anche tanto dall’estrazione sociale. El Salvador è un Paese molto povero: nelle classi sociali più basse pochissimi risparmiano in bitcoin. Tra la classe media abbiamo conosciuto persone alle quali i famigliari mandano rimesse dall’estero in bitcoin: loro convertono ciò che gli serve per vivere in dollari e se poi resta qualcosa da risparmiare, alcuni lo tengono in criptovaluta. La classe benestante ancor di più, quando non è prevenuta intellettualmente e politicamente: l’intellighenzia del Paese è costituita politicamente dagli avversari del partito Nuevas Ideas del presidente Nayib Bukele e quindi molti fanno un’associazione automatica: “Odio Bukele e quindi odio Bitcoin”. In ogni caso servirà tempo. Per capire che può essere conveniente lasciare i risparmi in bitcoin ci vorranno anni e soprattutto tanta educazione.
A proposito di educazione, Bitcoin non è certo una tecnologia di immediata comprensione. Tra i cittadini quanta consapevolezza c’è di ciò che sta accadendo?
L’educazione manca completamente e questo è il grosso problema. La rivoluzione avviata da Satoshi Nakamoto (lo pseudonimo inventore di Bitcoin, ndr) si completa con due elementi: l’infrastruttura (la connessione Internet, ndr) che in El Salvador c’è, e l’educazione tecnologica e finanziaria. Qui nessuno ha idea di cosa sia Bitcoin tecnologicamente. Forse però le cose stanno cambiando: il governo sta curando un esperimento pilota di formazione su Bitcoin in una scuola pubblica. L’altro grosso driver deve essere l’impresa privata, l’associazionismo civico. Ci sono organizzazioni come la Bitcoin Beach e Mi Primer Bitcoin che tengono corsi gratuiti mettendo a disposizione docenti salvadoregni e internazionali. Paxful, importante exchange, ha appena aperto La Casa del Bitcoin, un centro formativo gratuito a San Salvador, la capitale del Paese. Se queste forze trovano un approccio sinergico per lavorare insieme, nel giro di qualche anno si riuscirà ad arrivare a una piena consapevolezza delle grandi opportunità che questa tecnologia offre.
Il governo ha fornito un wallet (un portafoglio bitcoin) chiamato Chivo e ha regalato 30 dollari a chiunque lo utilizzi. Che idea ti sei fatto?
L’app è stata scaricata da quattro milioni di persone, più della metà della popolazione totale: questo perché l’incentivo economico di 30 dollari, in un Paese in cui lo stipendio medio è di 300 dollari al mese, fa la differenza. Ciò ha comportato che spesso, anche quando siamo usciti dalle zone più battute, la gente avesse in tasca il wallet Chivo. Ci è capitato di fermarci a mangiare nei ristoranti più popolari, locali con muri scrostati dove avevamo pochissime speranze, ma i proprietari avevano il wallet: nella maggioranza dei posti in cui siamo andati siamo stati i primi a pagare in criptovaluta.
Quindi l’adozione di Bitcoin, principalmente per questo incentivo di 30 dollari, va a gonfie vele, però i salvadoregni nella loro vita quotidiana usano abbastanza poco il wallet.
Il software di Chivo è però controllato dallo Stato, quindi non permette una gestione completamente indipendente dei propri fondi ed è soggetto a sorveglianza finanziaria. E’ quindi in netto contrasto con i principi fondamentali di Bitcoin: privacy e concreto possesso del proprio denaro senza intermediari. Cosa ne pensi, da attivista?
Il motivo per cui io lavoro con Bitcoin è perché è lo strumento tecnologico che permette all’uomo di emanciparsi, di proteggere il proprio valore e di eliminare l’intermediario. Questo Chivo non lo consente: lo Stato ha totale controllo dei fondi e sa perfettamente come quei soldi vengono utilizzati dai cittadini. E’ uno strumento di sorveglianza e in quanto tale io non posso essere d’accordo. Allo stesso tempo devo però ammettere che senza Chivo la nostra missione non sarebbe stata possibile perché l’adozione sarebbe stata più lenta. Inoltre i cittadini in questo modo hanno uno strumento per trasmettere valore digitalmente, quando qui altrimenti sarebbero tutti confinati al contante.
Quindi Chivo è comunque una porta d’ingresso a Bitcoin e questo è prezioso: perché tutti quelli che vorranno approfondire la tecnologia, impareranno facilmente che Chivo è uno strumento governativo e che liberamente potranno scaricare un altro wallet spostandovi i fondi e acquisendo totale controllo dei propri risparmi.
Io in quello che ho visto adesso con Bitcoin e Chivo vedo il nostro futuro come europei.
Cioè?
Quando tra tre o quattro anni anni la Banca centrale europea introdurrà l’euro digitale noi avremo lo stesso dilemma: dovremo scegliere tra la comodità di una struttura calata dall’alto, espressione della totale sorveglianza economica, il grande fratello economico, e un’alternativa per uscire da questo sistema: Bitcoin. Sicuramente alcuni salvadoregni sceglieranno la comodità del recinto statale di Chivo, altri invece sentiranno l’esigenza di emanciparsi. Sono altrettanto convinto che ci saranno milioni di europei che si disinteresseranno della propria privacy e sceglieranno la comodità dell’euro digitale: la buona notizia è che come in El Salvador ci saranno milioni di persone che grazie a Satoshi Nakamoto avranno la possibilità di fare disobbedienza civile e dire no al sistema di sorveglianza.
Il mining di Bitcoin (il processo tramite il quale si mantiene in sicurezza il network fornendo potenza di calcolo alla rete e si viene ricompensati tramite la coniazione di nuovi bitcoin) è spesso criticato per il consumo energetico che comporta. E’ una visone approssimativa?
Chiunque abbia un minimo di cultura in merito sa benissimo che il mining di Bitcoin è l’ultimo dei problemi per l’ambiente, è una delle industrie più green che esistano. La sua caratteristica principale, quella che gli viene riconosciuta dalla scienza ufficiale, è quella di saper condensare energia elettrica in assoluta scarsità digitale e quindi offrire a Stati e privati la possibilità di monetizzare la produzione di energia rinnovabile. Prima del mining questo non accadeva perché l’energia elettrica, una volta prodotta, è difficile da trasportare ed è costosa da stoccare: la maggior parte va persa. Oggi invece posso produrre elettricità nel Sahara e trasformarla in bitcoin che in un secondo possono essere trasferiti a New York e venduti per acquistare energia prodotta negli Usa.
La scala di Kardašëv nega che possiamo svilupparci come specie umana consumando meno energia: il progresso va di pari passo con la crescita del fabbisogno energetico. Il tema non deve essere come consumare meno, ma come farlo meglio, nel modo più sostenibile ed efficiente possibile.
El Salvador ha iniziato a fare mining utilizzando l’energia elettrica proveniente da una centrale geotermica. Voi avete avuto la possibilità di visitarla?
Sì. El Salvador è ricchissimo di risorse energetiche: è pieno di vulcani. Dove sono spenti si può raccogliere energia geotermica, rinnovabile al 100%. C’è poi tantissimo idroelettrico: ci sono fiumi e laghi enormi. Prima di Bitcoin queste risorse non venivano sfruttate a pieno perché non c’era richiesta. Non c’era bisogno di ottimizzare l’estrazione del geotermico perché in un impianto quaranta pozzi bastavano e avanzavano per dare corrente alla zona limitrofa. Siamo andati a visitare la centrale di Berlín dove ha sede la prima mining farm di Stato: è sperimentale, nel senso che sta minando per raccogliere dati e capire come lavorare nel modo più efficiente possibile e soprattutto per tarare un progetto di espansione delle mining farm di pari passo con l’espansione delle centrali stesse. Se una volta non era economicamente sensato ampliare una centrale perché avresti avuto un inutile surplus di produzione energetica, oggi El Salvador può coniare digitalmente bitcoin grazie al mining e quindi raddoppiare, triplicare, quadruplicare una centrale geotermica per produrre energia green.
Qualcosa che pensavi difficile riuscire a pagare in bitcoin ma che alla fine è stato possibile?
Pensavo che non sarei stato in grado di noleggiare un’automobile, che qui è fondamentale perché i mezzi di trasporto sono pochi, lenti e non accettano bitcoin. Chiamando i servizi di noleggio più importanti nessuno accettava bitcoin. Poi ci siamo accorti che in El Salvador c’è una pletora di piccoli noleggi privati che si è rivelata molto felice di accettare la criptovaluta, peraltro a prezzi concorrenziali rispetto alle grandi compagnie.
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