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Fermata #210 - Il canto del cigno delle banche centrali
La Bce e la Fed attaccano frontalmente Bitcoin con due paper pubblicati a stretto giro uno dall'altro. Le correzioni di tesi prive di fondamento e sintomatiche di una paura crescente
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Un paper ai limiti della parodia ma che, purtroppo, è drammaticamente reale. Si intitola “Le conseguenze distributive di Bitcoin” ed è pubblicato da Ulrich Bindseil e Jürgen Schaaf: il primo gestisce il reparto Market Infrastructure and Payments della Banca centrale europea, il secondo è un suo advisor. Nell’ospitare il documento sui propri server l’istituzione di Francoforte si tutela: “Le opinioni espresse sono quelle degli autori e non necessariamente quelle della Bce”. Il disclaimer è doveroso, perché le tesi dei due protagonisti sono talmente strumentali e prive di ogni fondamento logico da essere troppo anche per il nemico numero uno di Bitcoin: la banca centrale stessa.
L’assunto di fondo dell’intero documento è molto semplice: Bitcoin non aumenta il potenziale produttivo dell’economia. Su questa miope base i due autori costruiscono un intero castello narrativo che ignora alcuni dei cambiamenti fondamentali introdotti da Bitcoin.
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“Bitcoin non aumenta il potenziale produttivo dell’economia”
Dato che Bitcoin non aumenta il potenziale produttivo dell'economia, le conseguenze del presunto aumento di valore sono essenzialmente redistributive. Vale a dire che l’arricchimento dei primi possessori di bitcoin può arrivare solo a scapito del resto della società.
Già nell’abstract del documento, gli autori affermano chiaramente che Bitcoin non contribuirebbe in alcun modo ad aumentare il potenziale produttivo dell’economia. La tesi è che Bitcoin, non essendo legato alla creazione di beni o servizi tangibili, rappresenti un asset privo di valore produttivo intrinseco. Secondo il documento, mentre investimenti in settori come la tecnologia o l'industria migliorano l’efficienza e la capacità produttiva del sistema economico, Bitcoin non apporta alcun beneficio di questo tipo, poiché non contribuisce direttamente alla crescita della produzione o all'innovazione.
Per gli autori gran parte del valore attribuito a bitcoin deriverebbe unicamente dalla speculazione finanziaria e dalla percezione di chi lo acquista, senza che vi sia un incremento tangibile della “capacità economica”.
Il potenziale redistributivo: penalizzare chi arriva dopo
Bindseil e Schaaf esaminano poi quella che definiscono la “struttura redistributiva” di Bitcoin, affermando che il meccanismo premia i primi investitori a scapito di chi arriva successivamente. La sbalorditiva rivelazione consisterebbe nel fatto che il valore di bitcoin aumenti per chi lo ha acquistato nelle fasi iniziali man mano che la domanda aumenta, generando un ritorno maggiore proprio per chi è entrato prima sul mercato.
Insomma, Bindseil e Schaaf scoprono il meraviglioso mondo delle dinamiche di domanda e offerta in quella misteriosa entità chiamata “mercato”, forse troppo complessa da comprendere per chi sogna un’economia in pieno stile URSS. Non è un caso, infatti, che questo processo venga descritto come intrinsecamente ingiusto, in quanto le persone che decidono di investire successivamente non ottengono gli stessi vantaggi, trovandosi a dover comprare a prezzi più elevati.
Se la parte razionale della vostra mente sta gridando disperata, vi chiedo un ultimo sforzo.
Il documento descrive questo effetto come una caratteristica negativa di Bitcoin, in quanto lo paragona a una “bolla speculativa” destinata a crollare nel momento in cui i nuovi investitori non riusciranno più a sostenere il prezzo elevato dell’asset.
La smentita, punto su punto
Vi confesso che io non avrei mai trovato la forza di chinarmi sulla tastiera e smentire, per l’ennesima volta, castronerie che farebbero rabbrividire ogni essere umano con due basi di economia spiccia. Fortunatamente lo hanno fatto Murray Rudd e Dennis Porter di Satoshi Action Education, insieme ad Allen Farrington di Axiom e Freddie New di Bitcoin Policy UK.
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Il potenziale produttivo di bitcoin: un fraintendimento centrale
L’assunto principale, quello secondo cui Bitcoin non contribuirebbe al potenziale produttivo dell’economia, viene contestato sottolineando come Bitcoin stia alimentando un ecosistema di innovazione tecnologica e finanziaria. Strumenti come il Lightning Network riducono i costi delle transazioni e aumentano l’efficienza del sistema, con benefici tangibili per l’economia. "Considerare bitcoin come un semplice strumento speculativo", afferma l’analisi, "significa ignorare l’enorme valore infrastrutturale e sociale delle reti di pagamento e delle tecnologie decentralizzate che derivano dalla sua adozione".
Bindseil e Schaaf ignorano anche come Bitcoin sia già utilizzato per ridurre il costo delle rimesse internazionali, una funzione vitale in aree del mondo dove i costi di transazione tramite sistemi bancari tradizionali sono spesso esorbitanti, arrivando fino al 20% in alcune regioni. Questa applicazione offre benefici produttivi diretti e indiretti in contesti con scarsa inclusione finanziaria.
Si legge poi:
“Bitcoin sta promuovendo l'innovazione al di là dei pagamenti. Ha catalizzato i progressi della crittografia e dell'efficienza energetica, in particolare tramite il mining. L'estrazione di bitcoin con l'utilizzo di gas scarto può mitigare le emissioni di metano ed efficientare la generazione di energia rinnovabile, contribuendo alla flessibilità della rete grazie alle caratteristiche uniche del mining.
Ma al di là dei progressi tecnologici, le argomentazioni contro Bitcoin riflettono un'incomprensione di fondo del ruolo del denaro nell'accumulazione del capitale e, di conseguenza, nella prosperità economica. La produttività è guidata dall'accumulo di capitale e la crescita economica è il risultato dell'aumento della produttività attraverso l'uso efficace del capitale. Sostenere che l’aumento del capitale non contribuisca alla produttività dimostra una profonda ignoranza relativa alle dinamiche di mercato più basilari.
Bitcoin e il potenziale redistributivo: una dinamica di mercato, non un sistema predatorio
L’ultima critica dei due uomini legati alla Bce riguarda l’accusa che Bitcoin favorisca solo i primi investitori, a scapito dei nuovi entranti. Gli autori del paper di risposta osservano che questo fenomeno è presente in qualsiasi asset — dalle azioni immobiliari all'oro — dove i primi investitori beneficiano di un aumento del valore. Bitcoin, inoltre, non ha distribuzioni privilegiate, come avviene invece con altre criptovalute emesse in pre-mine o con modelli di capitale di rischio. Il modello di distribuzione di bitcoin, iniziato con il mining aperto e trasparente, è considerato dagli autori “uno dei più equi nella storia delle risorse digitali". Il più equo, rilancerei io.
Gli autori fanno anche notare che il sistema fiat, largamente supportato dalla Bce, favorisce le disuguaglianze attraverso la svalutazione monetaria, una forma di redistribuzione inversa che penalizza i piccoli risparmiatori in favore di chi ha accesso a risorse finanziarie maggiori. Bitcoin, con il suo tetto massimo di emissione, offre un’alternativa contro questa erosione del potere d'acquisto causata dall’inflazione. Insomma, una simile accusa proveniente da chi rappresenta la causa primaria dell’effetto Cantillon, fa quantomeno sorridere.
L’attacco frontale della Federal Reserve
Pochi giorni dopo la pubblicazione del paper di Bindseil e Schaaf anche i colleghi americani hanno pensato di attaccare Bitcoin. La Federal Reserve di Minneapolis ha pubblicato uno studio intitolato Unique Implementation of Permanent Primary Deficits?
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Non ve la farò troppo lunga: in quasi quaranta pagine di formule e calcoli, gli esperti della Fed sono riusciti a scoprire l’acqua calda: se Bitcoin si diffondesse capillarmente, il governo non sarebbe più in grado di fare deficit!
“Buongiorno, principessa”, direbbe Benigni. In questa newsletter il tema viene ripetuto da circa tre anni, eppure non mi è mai arrivata un’offerta di lavoro da Washington. Sarà perché le mie idee sono leggermente in contrasto con quelle dei dipendenti del monopolista monetario. Infatti, la Fed vede una soluzione molto semplice: bandire Bitcoin! Lo scrivono chiaramente:
“Il governo potrebbe semplicemente rendere Bitcoin illegale”.
Ecco, su questo una discordanza di fondo c’è. Credere che basti bandire Bitcoin con due righe scritte nero su bianco in un testo di legge indica un’incomprensione della tecnologia ancora consistente. Se vorrete una consulenza sul tema, amici della Fed, io sarò qui.
Anzi, no. Mi godrò il vostro declino.
Cordialmente,
Federico
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