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Fermata #211 - Il risultato della politicizzazione di Bitcoin

I media associano la tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto al Presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. E' l'effetto del pessimo vizio di assegnare colori politici a qualunque cosa

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Lo scorso luglio ho pubblicato un articolo che evidenziava il cambio di narrativa relativa al cosiddetto “Bitcoin President” negli Stati Uniti. Un’espressione che potrebbe - dovrebbe - far sorridere chiunque si sia preso l’impegno di approfondire un minimo la tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto. E’ ovvio che non esista alcun Presidente Bitcoin. E se vi state chiedendo ciò che penso, la risposta è no: nemmeno lui.

Nemmeno Nayib Bukele, il Presidente di El Salvador e quindi colui che per la prima volta ha reso bitcoin valuta a corso legale in un Paese, può essere considerato tale. Vi sembra forse che la diffusione di un wallet centralizzato e completamente controllato dal governo come Chivo possa allinearsi ai valori che hanno portato alla nascita di Bitcoin?

Ma torniamo agli Stati Uniti in cui, come raccontavo nella fermata #187, il lobbying pressante di BTC Inc - la società dietro a Bitcoin Magazine - aveva prima portato Robert Kennedy Jr. a essere percepito come il Bitcoin Candidate, per poi spostarsi a velocità record su Donald Trump, nonostante le ripetute dichiarazioni di quest’ultimo contrarie alla criptovaluta e, anzi, in favore dell’egemonia del dollaro.

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Dopo un brainwashing durato un’intera campagna elettorale, come avranno interpretato il rapporto di Bitcoin con la politica statunitense i media tradizionali?

Orange coin e orange President

L’ondata di articoli pubblicata da testate italiane e internazionali evidenzia un trend piuttosto eloquente: l'associazione sistematica tra Bitcoin e Donald Trump, in seguito alla sua rielezione. I titoli riportati nei prossimi esempi sottolineano come questa connessione sia stata costruita per attribuire alla criptovaluta una connotazione politica precisa, legata a posizioni conservatrici e repubblicane.

Fanpage esordisce con un titolo che dà per scontato il nesso causale tra la rielezione di Trump e l’aumento del prezzo di bitcoin: “Perché il bitcoin è alle stelle dopo l’elezione di Trump”. Quantomeno l’articolo sottolinea che il Tycoon, durante il suo primo mandato, definì le criptovalute “una truffa”, salvo poi mutare drasticamente opinione.

ANSA adotta un approccio ancora più enfatico: bitcoin, Wall Street e il dollaro vengono dipinti come un trio armonioso, riunito in un festeggiamento collettivo per il ritorno di Trump alla Casa Bianca. L’associazione tra bitcoin e il dollaro, però, è paradossale. Bitcoin nasce come alternativa al dollaro, uno strumento per sottrarsi alle politiche monetarie espansive e all’inflazione. Ridurlo a una semplice appendice delle politiche economiche repubblicane significa non comprendere il motivo stesso per cui bitcoin esiste.

Nel titolo del Corriere della Sera leggiamo: “Con la vittoria di Trump nuovo record per i Bitcoin”. Via Solferino punta quindi sul sensazionalismo, collegando il nuovo massimo storico di bitcoin alla vittoria elettorale di Trump. L’articolo prosegue menzionando figure come Elon Musk, cercando di legare le fortune del comparto cripto a una serie di personaggi controversi e al contempo molto carismatici.

Insomma, l’idea che bitcoin debba la sua crescita esclusivamente a eventi politici o al supporto di singoli individui è fuorviante. L’idea che il suo prezzo dipenda da una specifica elezione non è solo semplicistica, ma ignora decenni di cicli di mercato e dati economici che mostrano come bitcoin risponda a dinamiche più complesse, come la liquidità globale e l’adozione tecnologica.

Alla fallacia non si sottrae nemmeno Il Giornale: “Trump lancia azioni e bitcoin”.

Il quotidiano collega direttamente l’entusiasmo del mercato azionario al rally di bitcoin, sottolineando come la rielezione di Trump abbia galvanizzato Piazza Affari e le criptovalute. Questa narrativa perpetua l’idea che bitcoin e le equities tradizionali si muovano in sincronia, dimenticando come bitcoin sia stato storicamente decorrelato dagli asset tradizionali in molti momenti critici.

L’idea di un’alleanza naturale tra Trump e bitcoin viene rafforzata, ma senza alcuna evidenza concreta. Al contrario, gli investitori in bitcoin non stanno celebrando un presidente, ma rispondono a un contesto macroeconomico più ampio, in cui le politiche monetarie allentate e la crescente sfiducia nelle valute fiat giocano un ruolo cruciale.

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