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Fermata #228 - L'eterno settembre, a gennaio
Rispuntano i lobbisti di Ripple dopo il buco nell'acqua della campagna Change The Code. Nel frattempo, gli sviluppi reali avvengono su Bitcoin: arriva Tether sul Lightning Network.
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L’eterno settembre
Nel mondo di Bitcoin si parla spesso di “Eternal September”: il concetto nasce negli anni ‘90 nel contesto di Usenet, uno dei primi sistemi di discussione online. Tradizionalmente, ogni settembre, con l’arrivo degli studenti universitari nei campus, vi era un afflusso di nuovi utenti inesperti su Usenet, che non conoscevano le norme e le dinamiche della community.
Nel nostro settore, l’Eternal September è utilizzato per descrivere le ondate di nuovi utenti, attratti spesso dal rialzo del prezzo, che comprensibilmente non conoscono le basi: per esempio i concetti di self custody, di scarsità, di aggiustamento della difficoltà, di evoluzione di una moneta, ecc. In particolare, la difficoltà principale risiede nel distinguere nettamente Bitcoin dall’intero mondo “crypto”.
Negli ultimi mesi, complice l’apprezzamento di Bitcoin, questa newsletter ha raccolto molti nuovi iscritti. Nell’affrontare le nuove puntate e i temi di attualità, dunque, ritengo utile fornire qualche riferimento a concetti che per molti lettori di lunga data risulteranno ormai acquisiti.
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Tre anni fa scrissi un documento che, in una trentina di pagine, spiegava perché il mondo “crypto” non solo ha ben poco a che fare con Bitcoin, ma ne è la completa antitesi. Le crypto non sono altro che la brutta copia del mondo finanziario tradizionale. A tre anni di distanza alcuni punti sono ormai obsoleti, ma i concetti principali e le argomentazioni rimangono validi: potete consultarlo qui.
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Due anni fa parlai dello stesso tema nel podcast Il Priorato del bitcoin: è possibile ascoltare la puntata da qui.
Rispunta Ripple
Vi sarà capitato di sentire nominare Ethereum, Solana, Tron e tanti altri progetti “rivoluzionari”. Ciò che parte di questi progetti rivoluziona, di norma, è il marketing: a ogni ciclo si inventano nuovi casi d’uso per compensare il misero fallimento constatato con il caso d’uso precedente che, molto spesso, finisce per essere inglobato da Bitcoin. Ci sono poi migliaia di token che sono truffe fatte e finite. Altri progetti, invece, sono studiati per provare a minare, senza successo, la crescita di Bitcoin. Il più noto tra questi è Ripple.
Durante la sua campagna elettorale, Trump aveva promesso di creare una riserva federale strategica di Bitcoin. La settimana scorsa, tuttavia, uno degli ordini esecutivi firmati dal nuovo Presidente degli Stati Uniti ha menzionato la creazione di una riserva di "asset digitali" in generale, senza fare riferimento specifico a Bitcoin.
Jack Mallers, CEO di Strike e volto noto nel settore Bitcoin, ha pubblicato un video su X dichiarando:
"Posso confermare che Ripple sta spendendo attivamente milioni di dollari per minare una riserva strategica di bitcoin negli Stati Uniti d'America. Questo non è solo un attacco a Bitcoin, ma ai principi di trasparenza, equità e alla nostra sicurezza nazionale."
Ripple è una società privata che controlla in esclusiva il proprio token: XRP. Com’è ovvio, una parte sostanziale della fornitura totale di XRP è detenuta da Ripple stessa. Questo è anche al centro della causa da $1,3 miliardi intentata dalla SEC contro l'azienda. Con i fondi derivanti dalla vendita del proprio token, pare che Ripple abbia finanziato una campagna di lobbying cercando di evitare la creazione di una riserva federale esclusivamente in Bitcoin, promuovendo invece l'inclusione di XRP. E’ noto, del resto, che l'azienda ha investito notevoli risorse nel lobbying politico, inclusa una donazione di $5 milioni per l’insediamento di Trump.
Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, ha confermato i dubbi su X, sostenendo la creazione di una "riserva strategica di criptovalute" più ampia, non limitata al solo Bitcoin. Un’affermazione che farebbe sorridere chiunque abbia dedicato qualche ora all’approfondimento della differenza tra Bitcoin e criptovalute.
Samson Mow, Ceo di Jan3, ha replicato:
"Non abbiamo obiettivi in comune perché il nostro obiettivo non è ingannare gli investitori con il misticismo della blockchain."
E’ francamente difficile non vedere le similitudini con il mondo finanziario tradizionale, dove aziende e corporation usano il loro potere economico per ottenere favori politici. Casualmente, non esistono reparti di marketing o manager ufficiali di Bitcoin che possano fare alcunché di simile. Sarà forse perché XRP non è in alcun modo diversa dal mondo fiat?
Peraltro, Ripple ci aveva già abituati a scivoloni. Nel 2022 aveva finanziato, sempre con $5 milioni, la campagna “Change The Code” di Greenpeace, diffondendo informazioni fuorvianti per mesi sui legami tra Bitcoin e l’energia elettrica. Ho raccontato la storia di Change The Code nella fermata #24. Com'era prevedibile, la campagna è stata un buco nell’acqua, con l’account X che collezionava pochi like per ogni post - ma svariati insulti. Daniel Batten, uno dei massimi esperti che da anni analizzano la correlazione tra il mining e le fonti rinnovabili - ha segnalato lo scorso dicembre che le pubblicazioni di Greenpeace erano ferme 6 mesi. Ad oggi, tutto resta abbandonato.
Bitcoin: il buco nero delle narrative
Una volta era il metaverso, gli NFT, la DeFi, ora la tokenizzazione. Il mondo altcoin - per essere generosi - non è altro che un ciclo infinito di buzzword, marketing e presunti casi d’uso rivoluzionari che, puntualmente, Bitcoin finisce per inglobare.
Questa dinamica è sotto gli occhi di tutti con il tema della tokenizzazione, che fino a pochi mesi fa era il cavallo di battaglia di Ethereum e degli innumerevoli competitor EVM-based. Oggi il vento sta cambiando e Bitcoin è pronto a eliminare anche questa narrativa.
La tokenizzazione di asset reali è una delle mode più recenti nel mondo crypto, con banche e istituzioni che iniziano a testare stablecoin e titoli di debito digitali. Per anni, i sostenitori delle shitcoin hanno promosso le loro auto-proclamate “blockchain” come il luogo ideale per la tokenizzazione. Il problema? Tutte queste “blockchain” non sono blockchain nel senso reale del termine perché tutto sono, fuorché decentralizzate (e, dunque, fortemente insicure).
Bitcoin, invece, ha le fondamenta per ospitare la tokenizzazione in modo scalabile e sicuro. E infatti, sta già accadendo: durante la conferenza PlanB Forum in El Salvador, giovedì 30 gennaio il Ceo di Tether Paolo Ardoino ha annunciato il lancio della più grande stablecoin al mondo, USDT, su Bitcoin: nello specifico, sul Lightning Network
La domanda è semplice: perché mai un’azienda, una banca o un'istituzione finanziaria dovrebbe tokenizzare su un network insicuro e inaffidabile, quando può farlo sul protocollo più robusto della storia? Non fatevi ingannare dai reparti marketing del mondo shitcoin.
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