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Fermata #235 - Il tramonto su El Salvador
L'esperimento di adozione statale di Bitcoin da parte del Paese centroamericano si spegne a tre anni e mezzo dalla nascita: la fine è decretata dal documento dell'FMI che elenca le condizioni del suo ultimo prestito, nonostante la propaganda locale
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Era il 7 settembre 2021 quanto veniva pubblicata la fermata #0 di questa newsletter. La data non era casuale: si trattava dello stesso giorno dell’entrata in vigore della Bitcoin Ley, la prima legge al mondo che rendeva bitcoin valuta a corso legale in uno Stato sovrano, El Salvador.
Oggi, a tre anni e mezzo di distanza, l’esperimento può considerarsi terminato. A non aver funzionato sono diverse cose, la mancata educazione in primis, ma negli ultimi giorni abbiamo scoperto che nulla di ciò che ha fatto l’amministrazione di Nayib Bukele avrebbe potuto cambiare l’esito finale della partita. A giocarla sono da anni due protagonisti: El Salvador e il Fondo Monetario Internazionale. Quest’ultimo si era indispettito non poco per l’iniziativa del governo centroamericano che ha provato a dare l’illusione di poter fare a meno dell’istituzione statunitense: non è mai stato davvero così.
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Bitcoin non è mai decollato come mezzo di pagamento in El Salvador. Lo hanno testimoniato nel loro lavoro e nelle interviste qui a Bitcoin Train Rikki e Laura, raccontando come dai tempi dell’entrata in vigore della legge le attività disposte ad accettare bitcoin non solo non fossero aumentate, ma persino diminuite. Parte del danno è stata fatta da Chivo, il wallet di Stato pieno di bug che ha ispirato ben poca fiducia ai cittadini. Parte del danno, però, è stata fatta anche dalla mancata educazione. Per i primi due anni l’insegnamento di Bitcoin è stato onere esclusivo di poche associazioni, una su tutte Mi Primer Bitcoin: troppo poco per essere estesa all’intera popolazione e portare a un’adozione più capillare.
Restano le community che si sono sviluppate dal basso che oggi sono realtà. Quella di Berlin, che oggi è diventata una sorta di nuova Bitcoin Beach, non esisteva prima del 2021. Queste, però, non sono legate direttamente all’iniziativa statale, per cui non saranno affrontate in questo articolo.
Comunque, tutto sommato non sorprende che bitcoin non prenda piede come mezzo di scambio laddove la valuta circolante è il dollaro americano, sarebbe stato ingenuo crearsi false aspettative. Gran parte della scommessa di El Salvador, al di là del marketing e della notorietà acquisita a livello internazionale per l’iniziativa, stava nel risparmiare bitcoin nelle casse nazionali per puntare sul suo futuro apprezzamento. E la mossa ha finora funzionato, seppur in piccolo e con cifre insignificanti per uno Stato: serviva espandere la strategia ma, come emerso negli ultimi giorni, non sarà più possibile.
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L’accordo con il Fondo Monetario Internazionale
Nella fermata 219 davo notizia dei rumors riguardanti un prestito da $1,4 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale avrebbe potuto concedere a El Salvador. Da allora, l’accordo è diventato realtà e, per qualche settimana, i termini non sono stati particolarmente chiari. Ai pochi bullet point dell’istituzione si contrapponeva la comunicazione di Bukele e del Bitcoin Office che faceva apparire il contratto di grande vantaggio per il Paese.
Ora, con il documento da 111 pagine pubblicato questa settimana dall’Fmi, tutto è più chiaro. Per un approfondimento dei contenuti rimando all’articolo di Atlas21 a cura di Davide Coltro, qui mi limiterò a riassumere i dati più significativi. Il Fondo ha stabilito:
Il divieto di accumulo volontario di bitcoin da parte del settore pubblico: questo significa che solamente i bitcoin confiscati nel corso di procedimenti giudiziari potranno essere aggiunti alla riserva;
Il divieto di proseguire le attività di mining;
Restrizioni sull’emissione di strumenti di debito tokenizzati legati a Bitcoin;
L’eliminazione dell’obbligo di accettare bitcoin, anche se era stato sempre e solo formale e mai davvero applicato;
La chiusura del programma Chivo Wallet;
La rivelazione di tutti i wallet in cui sono detenuti i bitcoin di Stato.
Come evidenziato da John Dennehy, fondatore di Mi Primer Bitcoin, il documento dell’Fmi include una Lettera d’Intenti firmata dal governo salvadoregno l’11 febbraio in cui si legge chiaramente:
Come da accordo con l’Fmi, non accumuleremo più nuovi bitcoin nel nostro portafoglio.
I dati più significativi, però, sono quelli che rivelano come El Salvador non avesse altra scelta se non quella di dichiarare default. Dal documento si evince come il debito pubblico del Paese sia cresciuto del 52% dal 2019 al 2024, da $21 miliardi a $32 miliardi, con le ultime tranche dei bond rimborsate solamente grazie a rifinanziamenti del debito a tassi di interesse più alti di quelli ripagati.
L’ultimo deficit è stato del 4,4% del Pil, con i soli interessi annuali sul debito che ammontano a $1,5 miliardi. La dura realtà è che El Salvador aveva disperatamente bisogno dei soldi del Fondo Monetario Internazionale per non fallire.
In buona sostanza, il leitmotif “El Salvador is winning” ripetuto alla nausea dal Bitcoin Office è una banalissima bugia propagandistica. El Salvador aveva perso contro l’Fmi ben prima che Nayib Bukele diventasse Presidente.
Ciò che incuriosisce è la reazione di parte della community alle risposte, oggettivamente insufficienti, del governo salvadoregno. Bukele, ritwittando il Bitcoin Office, ha annunciato su X che gli acquisiti di bitcoin non si sarebbero fermati, in netta contraddizione con la Lettera d’Intenti firmata dal suo stesso governo. Alle critiche comprensibili di chi si è dimostrato scettico di fronte alla risposta del Presidente, tra cui John Carvalho, Pledditor, Samson Mow e lo stesso John Dennehy, sono corrisposti gli insulti di molti sedicenti bitcoiner scandalizzati dalla mancanza di fiducia in Bukele.
Il punto è che esiste ora un documento ufficiale che smentisce le parole di un capo di Stato: dov’è finita la filosofia don’t trust, verify? Dov’è finito lo spirito critico? Siamo davvero disposti a berci le promesse di un politico solo perché ha strizzato l’occhio a Bitcoin? Personalmente non lo sono e, fino a prova contraria, gli eventi degli ultimi giorni dichiarano ufficialmente la fine dell’esperimento di adozione statale di Bitcoin in El Salvador.
E’ stata un’allucinazione collettiva? Forse. Bitcoin è sempre stato un qualcosa fatto precisamente per maturare dal basso, dagli individui e mai da imporre dall’alto. Che serva da lezione, anche e soprattutto per chi ora stappa bottiglie di Champagne per gli annunci a Washington.
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