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Fermata #24 - Greenpeace contro Bitcoin: l'ambiente è un pretesto
Greenpeace attacca Bitcoin con una campagna di disinformazione che potrebbe coinvolgere, tra gli altri, Goldman Sachs, Blackrock e PayPal. Il tema è quello ambientale, ma solo in apparenza.
“Bitcoin potrebbe riscaldare il pianeta per più di due gradi” e “sta resuscitando i combustibili fossili”.
Queste sono le due principali argomentazioni a sostegno della campagna lanciata da Greenpeace e Ewg1 dal titolo Change the code, not the climate, il cui obiettivo dichiarato è quello di modificare Bitcoin in modo da eliminarne la caratteristica energivora. Per come è stata strutturata non c’è alcuna possibilità che la proposta vada a buon fine (capiremo il perché) ma ciò che vale la pena notare è che non accenna a placarsi la narrativa secondo cui Bitcoin sarebbe un problema per il nostro ambiente.
Analizzando i dettagli della campagna sarà inevitabile fare qualche riferimento in merito al consumo energetico di Bitcoin anche in questa sede ma, per chi volesse approfondire, ho già scritto del tema nelle fermate #1 e #16 e ne ho parlato a Casa Sanremo 2022 ospite di Criptovaluta.it.
Leggendo il programma di Change the code, not the climate si nota facilmente come alcune informazioni siano ingannevoli, altre completamente false. Il progetto stesso della campagna, come vedremo, si basa su un’idea del tutto irrealistica.
Sorge quindi un dubbio: è davvero la protezione dell’ambiente l’obiettivo finale o ci sono altri interessi coinvolti? L’impressione è che la propaganda climatica sia solamente il cavallo di Troia per indebolire strutturalmente Bitcoin e provare a renderlo controllabile dai grandi player della finanza classica.
Argomentazioni, obiettivi, modalità: tutto sbagliato
In questa campagna trovare qualcosa che corrisponda alla realtà dei fatti è impresa ardua: partiamo dalle argomentazioni per poi arrivare agli obiettivi e alle modalità.
Le argomentazioni
“Bitcoin potrebbe riscaldare il pianeta per più di due gradi”. L’informazione è presa dal titolo di uno studio pubblicato nel 2018 sulla rivista scientifica Nature. Ciò che non viene fatto emergere è che lo stesso documento è stato corretto da altri tre paper pubblicati l’anno successivo sulla stessa rivista, uno dei quali ha spiegato che lo studio originale “sovrastima fortemente le emissioni”2.
“Bitcoin sta resuscitando i combustibili fossili”. Per smentire questa affermazione basta guardare i dati. A fine 2021 Bitcoin risulta alimentato per il 58,5% da elettricità proveniente da fonti green3, mentre l’energia prodotta nel resto del mondo è pulita solo nell’11,4% dei casi. Proporzionalmente, le rinnovabili pesano nell’ecosistema Bitcoin più del quintuplo se paragonate al resto del mondo.
Gli obiettivi
Come provare a cambiare il codice di Bitcoin? Essendo un sistema autenticamente distribuito, l’unico modo è convincere la quasi totalità dei nodi globali ad apportare la modifica desiderata al codice. Peccato che quest’ultima non esista. Come spiegato nella fermata #14, uno dei primi step per proporre un aggiornamento di Bitcoin è sottoporre alla community una BIP: Bitcoin improvement proposal4, ma il noto sviluppatore Jameson Lopp ha fatto per primo notare come non ne esista alcuna riconducibile alle indicazioni di Greenpeace.
Non riesco a trovare la vostra Bitcoin Improvement proposal, né riesco a trovare discussioni avviate nella mailing list di sviluppo. Vi prego di seguire la procedura se desiderate essere presi sul serio.
Dear @bruneski@chrislarsensf@Greenpeace,
I am unable to find your Bitcoin Improvement Proposal submission, nor can I find any discussions initiated by you on the development mailing list.
Please follow the process if you wish to be taken seriously.
— Jameson Lopp (@lopp)
1:21 PM • Mar 29, 2022
Non è tutto. Secondo il sito ufficiale della campagna, per implementare efficacemente una modifica in Bitcoin basterebbe convincere “30 persone: i maggiori miner, gli exchange e i principali sviluppatori che lavorano al codice di Bitcoin”.
Si tratta di una falsità tendente al ridicolo. Proprio nella puntata precedente dedicata alla Blocksize War ho scritto di come la maggioranza della community, tra il 2015 e il 2017, non sia riuscita ad aumentare significativamente la capacità dei blocchi della blockchain di Bitcoin. All’epoca le maggiori aziende del settore e i miner che rappresentavano circa l’80% della capacità di calcolo mondiale erano favorevoli a un cambiamento che però non avvenne.
Per approvare modifiche radicali al codice di Bitcoin serve la quasi unanimità del consenso globale perché a governare il protocollo sono i nodi, non le aziende, i miner o i personaggi influenti.
Le modalità
Al di là degli annunci, quale modifica viene proposta concretamente per ridurre il consumo energetico di Bitcoin? Il passaggio dalla Proof-of-Work alla Proof-of-Stake.
Ai fini di questo articolo basti sapere che la Proof-of-Work è quel meccanismo che mantiene in sicurezza la rete Bitcoin tramite la capacità di calcolo che viene utilizzata per fare mining. La Proof-of-Stake, invece, consente proporzionalmente a chi ha più capitale investito (“in stake”) di guadagnare maggiormente e avere più controllo sulla rete: in questo modo viene escluso l’utilizzo della capacità di calcolo abbassando quindi il consumo energetico, ma eliminando l’inviolabilità garantita dalla potenza computazionale.
(Per una spiegazione più dettagliata rimando alla fermata #20 o al capitolo Proof-of-Work vs Proof-of-Stake del mio documento Bitcoin e criptovalute: mondi contrapposti).
La Proof-of-Work rappresenta il più grande incentivo mai esistito ad investire nell’ampliamento di centrali green. E’ ciò che consente di monetizzare il surplus elettrico, giustificando così la costruzione di nuovi impianti che altrimenti non verrebbero realizzati perché, in mancanza di domanda, l’elettricità in eccesso (che è difficilmente stoccabile e trasportabile) verrebbe sciupata.
La grande maggioranza delle altcoin è invece basata su Proof-of-Stake che, oltre ad aver dimostrato negli anni gravi vulnerabilità, non permette l’incentivo energetico non impiegando larghe quantità di capacità computazionale. Perché mai, dunque, pensare di cambiare l’algoritmo di consenso di Bitcoin da Proof-of-Work a Proof-of-Stake? Perché la Proof-of-Stake è manipolabile.
L’ambiente? Solo un pretesto
Follow the money
Tra le società che potrebbero supportare la campagna Greenpeace chiama in causa Goldman Sachs, BlackRock, PayPal, Venmo e Fidelity: il gotha del mondo finanziario tradizionale. Bitcoin rappresenta oggi l’unica alternativa esistente a quel mondo e a fronte di una sua adozione mondiale i colossi sopracitati sarebbero resi quasi del tutto obsoleti.
Ma per com’è oggi Bitcoin non può essere controllato e una sua diffusione su scala globale nel lungo periodo è più che verosimile. Se la più importante criptovaluta si convertisse alla Proof-of-Stake, però, le regole sarebbero dettate dai soggetti con più capitale - cosa che certo non manca a banche ed hedge fund - che potrebbero così manipolare Bitcoin e il suo destino.
La partita che si sta giocando non è per il clima, ma per il controllo di Bitcoin.
Come anticipato, le chances di successo di Change the code, not the climate sono inesistenti e la campagna non potrà che risultare in un buco nell’acqua. Anche perché ad ora l’unico finanziatore confermato, che ha dichiarato che donerà 5 milioni di dollari, è Chris Larsen. E non è un dettaglio.
Larsen è il co-fondatore e il presidente esecutivo di Ripple, società che emette la criptovaluta di dubbia utilità XRP. La Sec5 ha citato in giudizio Larsen, Ripple e un altro suo dirigente nel 2020, sostenendo che "hanno raccolto oltre 1,3 miliardi di dollari attraverso un'offerta di titoli digitali non registrata".
Il sospetto che Larsen stia cercando visibilità per una criptovaluta un tempo conosciuta e da un po’ caduta nel dimenticatoio è forte anche se lui stesso, senza nessuno che glielo chiedesse, ha tenuto a fugare ogni dubbio durante il lancio della campagna:
Se fossi preoccupato per Bitcoin come concorrente, probabilmente la cosa migliore che potrei fare è lasciarlo continuare su questa strada. Voglio vedere Bitcoin ed Ethereum6 avere successo.
“Excusatio non petita, accusatio manifesta”.
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