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Fermata #26 - L'iperinflazione ci porterà al Bitcoin standard

"Tutta la produzione monetaria è debito". "Bitcoin non rappresenta il debito di uno Stato, è questo il suo grande valore". Dialogo con l'esperto di asset management Edoardo Grigione

“C’è solo una condizione per cui potrà cambiare davvero il paradigma, realizzarsi il passaggio dal fiat standard1 al Bitcoin standard2: l’iperinflazione3. E arriverà, sia negli Usa che in Europa. A quel punto si giungerà all’adozione di massa di Bitcoin”.

A sostenerlo è Edoardo Grigione - Branch Manager di Abalone Asset Management, succursale di Milano - con il quale ho parlato di debito, sovranità monetaria e sistemi finanziari. Quali saranno le conseguenze del crescente debito e qual è l’interesse delle istituzioni finanziare in Bitcoin?

Un debito impagabile

La moneta stessa è debito. Il processo di creazione di nuova moneta è eseguito tramite l’emissione di debito”. Grigione non ha torto, uno degli esempi più noti di emissione di nuovo denaro è il noto “quantitative easing”. Come funziona? Senza entrare nei dettagli, le banche centrali acquistano nuovo debito - i cosiddetti titoli di stato - dai paesi4, fornendo liquidità a questi ultimi e incentivando così politiche espansive. In questo modo la massa monetaria in circolazione aumenta e lo stesso fanno i debiti pubblici.

Il meccanismo resta sostenibile fino a quando la crescita economica - e di conseguenza il gettito fiscale degli stati - è in grado di ripagare il debito contratto. Quando questo non accade ecco che i paesi si trovano costretti a fare altro debito per essere in grado di saldare le passività esistenti.

Un’indicazione di come stiano andando le cose ce la dà l’Ufficio di bilancio del Congresso Usa che a marzo ha pubblicato una proiezione del debito statunitense. Secondo lo studio entro il 2051 il rapporto debito/Pil Usa toccherà il 202% (nel 2021 era del 133%) e il deficit in rapporto al Pil sarà del 13%.

Cosa significano questi dati? Che siamo arrivati a un punto della storia in cui non è più possibile ripagare il debito contratto con la crescita economica e la tendenza sarà sempre più quella di creare nuovo debito per evitare il collasso degli stati. Nello specifico gli Usa potrebbero essere costretti a fare ogni anno il 13% di deficit rispetto al proprio Pil per continuare a finanziarsi.

La strada verso l’iperinflazione

Proprio perché l’emissione di debito equivale alla creazione di nuovo denaro, la conseguenza di questa tendenza è una significativa crescita dell’inflazione, ossia l’aumento generalizzato del costo della vita. Per trovare numeri che lo confermino non bisogna aspettare però il 2051, già oggi le percentuali sono estremamente preoccupanti. Il mese scorso l’inflazione negli Usa ha toccato l’8,5% rispetto a marzo 2021, un dato che non si vedeva da 41 anni.

Sebbene il presidente degli Stati Uniti Joe Biden abbia provato a spostare le attenzioni verso la guerra in Ucraina per giustificare il preoccupante rialzo dei prezzi - definito in un tweet “Putin Price Hike” - le cause sono anche e soprattutto altre: gli shortage causati dalla pandemia e, in particolare, l’immensa mole di denaro stampata dalla Federal Reserve negli ultimi due anni per finanziare gli stimoli monetari americani. La banca centrale statunitense ha immesso liquidità per 4,5 mila miliardi di dollari, portando il totale degli asset in suo possesso a 9 mila miliardi. In sostanza ha raddoppiato il proprio bilancio nel giro di 24 mesi.

Fiat standard VS Bitcoin standard

Come anticipato a inizio articolo, l’idea che la tendenza possa portare a una spirale iperinflattiva è plausibile per Edoardo Grigione - che peraltro non è in cattiva compagnia, in ottobre l’ex Ceo di Twitter Jack Dorsey ha scritto che l’iperinflazione avrebbe cambiato tutto - secondo cui la necessità di proteggere i propri risparmi porterebbe a una maggiore diffusione di bitcoin.

Il cambio di paradigma con bitcoin - spiega Grigione - è totale, perché non puoi andare in negativo. Non puoi usare soldi che non sarai in grado di ripagare. Il sistema valutario di Bitcoin è un sistema positivo, perché si tratta di una moneta a credito, non a debito. Non rappresenta il debito di uno Stato, è questo il suo grande valore”.

Fiat standard VS Bitcoin standard

Una delle critiche più popolari tra gli economisti tradizionali al Bitcoin standard è proprio quella legata al circolante fisso. Nella fermata #22 l’ad di Allianz Giacomo Campora ha detto a Bitcoin Train che la moneta non deve essere ancorata all’oro o a un bene finito, perché è un lubrificante del sistema. Si crea e si distrugge tutta la moneta che serve per tenere il sistema liquido”.

Per molti sostenitori di Bitcoin però valutare la criptovaluta con i parametri del sistema finanziario attuale è sbagliato, l’idea è quella di un vero e proprio cambio di paradigma: economia del consumo VS economia del risparmio.

  • Economia del consumo: lo scenario implicato dall’attuale fiat standard, in cui si è incentivati a spendere per via della costante svalutazione del proprio denaro.

  • Economia del risparmio: lo scenario implicato dal Bitcoin standard, in cui si è incentivati a risparmiare e a comprare solo ciò che davvero serve per via dell’aumento di valore del denaro. Bitcoin sarebbe una moneta deflattiva per l’economia del futuro che, secondo quanto scritto da Jeff Booth in The Price of Tomorrow, sarà dominata dalla tecnologia, che è deflattiva by design.

Nello scenario attuale “sei incentivato a consumare altrimenti non ripaghi il debito”, aggiunge Grigione. “Bitcoin non viene percepito come alternativa perché non si pensa ancora che la tecnologia possa sostituire uno stato o un ente sovranazionale come la Bce. Chi ha detto che non può essere così? Basta guardare cos’è successo con Internet, su cui oggi viaggia ogni rapporto socio-economico globale. Oggi togli Internet alla gente e crolla l’economia mondiale”.

Per Grigione bitcoin sarebbe anche un modo per riconquistare la sovranità monetaria perduta: “Dietro a bitcoin non c’è lo Stato ma ci sono le persone: è backed by people, e quando una moneta è backed by people è la più alta espressione di sovranità monetaria. Sfido chiunque a dire il contrario”. 

Bitcoin e finanza tradizionale

L’adozione di Bitcoin sarà in ogni caso graduale e arriverà da ogni direzione, inclusa quella legata alla finanza tradizionale. Prima dell’iperinflazione infatti c’è il presente, fatto anche da un mondo che si interessa a bitcoin “per l’opportunità speculativa”, dice Grigione. “Stiamo parlando di un asset che ha generato rendimenti imbattibili negli ultimi 10 anni”. I ritorni più alti, però “sono stati fatti nei progetti di venture capital legati al mondo critpo, non bitcoin”. Quel mondo che - come ho scritto nel paper “Bitcoin e criptovalute, mondi contrapposti” - non rappresenta altro che un’evoluzione in salsa crittografica del sistema finanziario tradizionale e si pone quindi in totale antitesi con Bitcoin.

Il rischio di una diffusione controllata dai regolatori

L’utilizzo della tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto potrebbe accelerare anche grazie al settore fintech, in cui molte aziende “sono coinvolte nei sistemi di pagamento. Se per esempio Satispay decidesse di adottare bitcoin allora ne vedremmo un uso più ampio anche nell’economia reale”. Non è detto che sia uno scenario auspicabile, tuttavia.

Una diffusione troppo veloce e slegata alle naturali tempistiche di comprensione di una tecnologia così complessa potrebbero comportarne un utilizzo improprio: eccessivo affidamento agli exchange, alle banche, ai wallet custodial e magari controllati dallo Stato (come nel caso di Chivo, in El Salvador). Il timore, secondo Grigione, è quello di “un futuro distopico in cui bitcoin sia sì la valuta globale, ma sorvegliata da tutti”, intermediari finanziari in primis. Uno scenario in cui le vere funzionalità di Bitcoin - protezione della privacy ed eliminazione della fiducia nella terza parte - verrebbero a mancare.

In tal caso, tanto varrebbe utilizzare le Cbdc. “La direzione in cui spingono le banche centrali è quella. In più le Cbdc sono programmabili, alimenteranno il meccanismo del credit-score”. Come in Cina? “Sì, perché hanno capito che il loro modello di controllo funziona. Il non percepito delle persone è che l’Occidente sta replicando il modello cinese in termini di controllo”.

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