Fermata #36 - Bitcoin non chiede permesso

Analisi e commenti sul RFIA - disegno di legge Usa sulla regolamentazione degli asset digitali - con Martina Granatiero, avvocato ed esperta di Bitcoin. Punti salienti e confronto con la situazione UE

Responsible Financial Innovation Act: si chiama così il disegno di legge mirato a regolare il mercato dei digital asset depositato lo scorso 7 giugno al Congresso degli Stati Uniti. Si tratta di un progetto bipartisan, firmato sia dalla senatrice repubblicana Cynthia Lummis che da quella democratica Kirsten Gillibrand.

L’obiettivo del disegno - che prima di essere approvato nella sua forma definitiva sarà con ogni probabilità modificato più volte - è quello di fornire un primo framework normativo sufficientemente organico che inizi a mettere ordine nel mondo estremamente ampio, per l’appunto, dei digital asset.

Per capirne di più e per commentare le pagine della legge mi sono rivolto a Martina Granatiero, avvocato ed esperta di Bitcoin, con la quale abbiamo parlato anche delle normative europee: in particolare del Digital Finance Package e del regolamento MiCA (Markets in Crypto Assets).

La discussione relativa alla legge americana si sviluppa intorno a quattro punti chiave:

  1. Distinzione tra commodity e security;

  2. Analisi del consumo energetico delle criptovalute;

  3. Diritto alla custodia individuale degli asset;

  4. Ruolo delle stablecoin.

Il testo che segue è un riassunto delle parti più significative della video-conversazione pubblicata a inizio articolo.

1. Commodity e Security

Da un lato le commodities - ossia beni più o meno fungibili come materie prime, petrolio, metalli e regolate dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission) - dall’altro le securities, che noi definiremmo titoli finanziari, regolate dalla SEC (Securities and Exchange Commission).

Il disegno di legge stabilisce in un primo approccio che bitcoin, ether e gran parte delle criptovalute dovrebbero essere considerate delle commodities. Cosa ne pensi?

Questo tipo di suddivisione ha lo scopo di dire agli utenti e agli operatori quale sia l’autorità di competenza degli asset che gestiscono. In prima battuta si parte dalla presunzione che le criptovalute possano essere considerate di competenza della CFTC e non della SEC.

Si tratta però di una scelta presuntiva: rimane la possibilità di stabilire in seguito se un determinato prodotto è alternativamente o anche competenza della SEC. Per esempio se in un caso ether - che viene presuntivamente considerato come una commodity, quindi un bene materiale - viene offerto all’investitore attraverso un contratto d’investimento, allora è necessario il coinvolgimento della SEC.

Quindi non è una distinzione definitiva, possono esserci dei punti di contatto.

Esatto. Non dobbiamo partire dal presupposto che ether o bitcoin siano considerati sempre commodity. Se l’asset entra a far parte di un contratto d’investimento, quest’ultimo sarà comunque regolato dalla SEC. Bisogna sempre partire dal presupposto che la verifica va fatta caso per caso. Non è possibile determinare tutto a priori.

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Sei d’accordo nel partire considerando bitcoin e criptovalute come delle commodities o avresti pensato a definizioni diverse?

Ci può stare, questo disegno di legge è meritorio per aver iniziato a mettere un certo ordine dove ce n’era bisogno. Ma partiamo da un presupposto: qui ci confrontiamo con delle realtà, Bitcoin in particolare, che hanno delle peculiarità tali per cui un qualsiasi tipo di scelta è sempre una forzatura. Questa forzatura è quella un po’ più corretta.  

Personalmente credo stoni un po’ mettere insieme il mondo delle criptovalute - che di per sé è più simile a quello dei mercati tradizionali fatti da aziende, board e azioni perché caratterizzato da società, fondazioni o organizzazioni che emettono token privati - con Bitcoin, che di per sé rappresenta un paradigma completamente diverso.

Sono molto d’accordo ma queste line guida vanno immaginate come potenziali, nel senso che prendere un fenomeno tanto sfaccettato e pretendere di fotografarlo fedelmente è un obiettivo che il legislatore non ha ancora e forse non avrà mai la capacità di farlo. La legge dà semplicemente una serie di regole generali, delle presunzioni di inserimento all’interno di una categoria. Poi, a seconda dei casi specifici, ci sarà la necessità di capire di cosa si tratta e qual è l’autorità competente.

2. Consumo energetico

Nella sezione 806 si legge che la Federal Energy Regulatory Commission, collaborando con CFTC e SEC, dovrà condurre uno studio sul consumo energetico dei digital asset. Iniziativa interessante che stride con l’emendamento al regolamento MiCA, poi saltato, con il quale l’Ue sembrava voler bandire la Proof-of-Work (spiegazione nella fermata #20). Come vedi questa contrapposizione?

E’ un elemento molto interessante. Tieni conto che il rischio del ban alla Proof-of-Work è uscito dal recinto del MiCA e che, in altra sede, c’è comunque l’intenzione di commissionare un approfondimento sul consumo energetico. Se facciamo zoom-out su entrambi i contesti normativi (RFIA e MiCA) si nota che ogni tipo di attività dovrà avere un’attenzione particolare alla componente energetica. Entrambi questi framework ne tengono conto.

L’intenzione statunitense di studiare il consumo energetico tutto sommato piace perché il taglio non è nella direzione del ban ma in quella di comprendere come questo tipo di attività (il mining, nda) possa essere oggetto di una rivalutazione e di un approfondimento in direzione green, cioè utilizzando fonti di energia rinnovabile. Negli Stati Uniti poi ci sono realtà anche molto all’avanguardia che fanno mining ottenendo l’energia elettrica da fonti rinnovabili.

3. Diritto alla custodia individuale degli asset

La Sezione 505 sancisce il diritto dei cittadini a detenere autonomamente le chiavi private, senza quindi dover passare da servizi di intermediazione come gli exchange. Naturalmente non serve una legge che lo consenta per poterlo fare ma non mi sembra scontato che un concetto del genere venga scritto nero su bianco.

Non è affatto scontato. La proposta di legge americana mette nero su bianco l’obiettivo numero uno per il quale il movimento Cypherpunk (di cui ho scritto nella fermata #10, nda) concepisce Bitcoin: avere un denaro fungibile1 che possa essere scambiato liberamente in modo digitale. La funzione che una volta era assolta in maniera più o meno efficiente dal contante in prospettiva non potrà più essere assolta in maniera altrettanto efficace dalle banconote.

I Cypherpunk iniziano a immaginare questo futuro già dagli anni ’70 con l’obiettivo di riconoscere di nuovo il denaro come strumento di acquisizione di beni e servizi, che è poi il motivo per cui nella sua evoluzione l’uomo è passato dal baratto alla moneta metallica fino agli sviluppi successivi. Nonostante spesso venga ammantato di connotazioni negative il denaro ha un legame fortissimo con la libertà individuale. Questo a volte è molto mistificato: la parte speculativa alimenta una visione del denaro più negativa ma in realtà, nel senso più puro del termine, è ciò che ci permette di essere ciò che vogliamo. 

4. Ruolo delle stablecoin

La legge prevede che chi emette stablecoin di pagamento debba avere nelle proprie riserve il 100% in corrispettivo fiat della valuta rappresentata. Sembra una norma derivata da vicende come, per esempio, la Tether FUD. Queste regole possono aiutare?

Le stablecoin di pagamento sono individuate in quelle stablecoin che sono emesse da un’entità commerciale. Devono essere utilizzate unicamente come mezzo di pagamento e si distinguono molto chiaramente da quelle che vengono invece definite le valute virtuali. Le stablecoin algoritmiche (come la recentemente fallita UST) non possono per definizione rientrare in questo tipo di categoria.

Le stablecoin di pagamento vengono incluse nella definizione di prodotti bancari, quindi diverse da commodities e securities. La definizione completa parla del fatto che devono essere direttamente rimborsabili in “valute aventi corso legale”. C’è poi una sezione simpatica nella legge, perché viene espressamente esclusa la possibilità di considerare a tal fine “una valuta virtuale avente corso legale in un paese straniero”2.

Capitolo MiCA: presentato nel 2020 dalla Commissione Ue per regolamentare il mercato dei digital asset, è stato approvato nel marzo di quest’anno dalla Commissione Affari Economici e Monetari e, prima di entrare in vigore, dovrà essere votato nella sua versione definitiva dal cosiddetto Trilogo: Parlamento Ue, Consiglio Ue e Commissione Ue. In che direzione va la regolamentazione europea?

Contestualizziamo: a settembre 2020 viene annunciato un pacchetto di norme chiamato Digital Finance Package dentro al quale ci sono una serie di proposte tra cui il MiCA e il cosiddetto Pilot Regime. Il MiCA, in estrema sintesi, è il framework normativo che si dedicherà a quelli che noi conosciamo come utility token e le varianti delle stablecoin, mentre il mondo securities - quindi quello degli strumenti finanziari - sarà di pertinenza di altre due proposal, tra cui il Pilot Regime - che entrerà in vigore a marzo 2023 - che propone una declinazione di norme molto tecniche nell’ambito dell’esercizio di attività finanziarie su DLT3.

Tuttavia il MiCA, nonostante debba rimanere fuori dall’ambito delle securities, è in realtà una norma che per le caratteristiche che ha è estremamente finanziarizzata. Pretende di applicare il framework normativo a tutto ciò che non è strumento finanziario, ma poi lo fa con delle logiche che non sono affatto lontane da quel tipo di normazione.

Questo per dire che siamo in realtà su binari abbastanza paralleli. Ci sono delle specificità differenti nei due framework - quello americano e quello europeo - ma non dei distinguo particolarmente importanti. La tipologia di normazione europea sembra più ipertrofica, coerente con le modalità di approccio del regolatore comunitario, in realtà però il vero confronto potremo farlo solo alla fine quando le due regolamentazioni saranno definitive. Nella versione americana abbiamo trovato, come detto, qualche dettaglio libertario molto bello. Però per il momento che ci sia un approccio di finanziarizzazione di questo comparto è comune in entrambi i casi.

Bitcoin e regolamentazioni vanno d’accordo?

Bitcoin resta quello che non bussa. La mia non è una posizione partigiana: Bitcoin è una cosa che fa ontologicamente fatica a stare dentro a un recinto. Non è un’idea derivante da posizioni anarchiche, è un ragionamento derivato dalle caratteristiche intrinseche della tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto. Il regolatore lavora in una logica autorizzativa ed è quindi chiaro che faccia fatica a intercettare il fenomeno Bitcoin, che funziona a prescindere dal permesso di qualcun altro.

Online su YouTube la live di lunedì scorso con Massimo Musumeci

Di seguito la nuova puntata dei video-approfondimenti live dedicati al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica.

Lunedì 27 giugno e lunedì 4 luglio NON ci saranno dirette. Appuntamento dunque a lunedì 11 luglio ore 17:00.

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