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Fermata #55 - Tempi duri per il mining?
Con il prezzo di bitcoin stabile da mesi e l'ascesa dell’hash rate - e dunque della difficulty - i miner riducono sempre più i propri margini. Qual è lo stato del settore? Scopriamo l'hash price
E’ ormai da metà giugno che il prezzo di bitcoin si aggira intorno ai $20.000. In tale scenario sarebbe legittimo aspettarsi una certa stabilità anche nel settore più industrializzato di Bitcoin: quello del mining. Le cose, però, non stanno così.
L’hash rate1- l’unità di misura che indica la capacità computazionale della rete - è in sostanziale ascesa. Quando il prezzo ha toccato i $20.200 il 24 giugno, l’hash rate era di 206 EH/s. Il 25 ottobre, con bitcoin a $19.300, è arrivato a 259 EH/s: una crescita del 26%. Questo andamento in controtendenza va avanti in realtà da molto prima: già a novembre 2021, quando il prezzo di bitcoin ha iniziato il suo crollo dai $67.000, la potenza computazionale del network aumentava come se nulla fosse.
Evidentemente allora la profittabilità del mining era molto significativa e i prezzi dell’energia non erano ancora quelli di oggi. Come spiegare, quindi, la continuazione di questa tendenza di fronte a crisi energetica e prezzo stabile?
Hash price e investimenti pre-crisi
E’ doveroso fare una premessa: calcolare con esattezza profitti o perdite di ogni miner è impossibile. Le variabili sono tante: modelli degli hardware utilizzati, firmware installato, protocollo di mining (Stratum V1 o V2), velocità della connessione Internet e, in particolare, prezzo dell’energia elettrica.
L’hash price
Si possono però fare delle stime e un modo efficace per farlo è controllare l’hash price. Questo dato viene definito come il valore di mercato assegnato alla singola unità di potenza, l’hash: si ottiene dividendo il controvalore in dollari dell’emissione giornaliera di nuovi bitcoin più le commissioni di transazione per l’hash rate espresso in TH/s. In sostanza l’hash price indica quanto può guadagnare un miner per ogni TH/s di potenza computazionale a disposizione. Naturalmente più il prezzo sale, più l’hash price cresce. Più l’hash rate complessivo aumenta, più è diluita la potenza computazionale del singolo miner, più l’hash price scende.
Può essere utile concentrarsi sul mercato degli Stati Uniti, il Paese che ospita la maggior percentuale di hash rate al mondo. Secondo i dati riportati recentemente da Braiins - azienda che gestisce una delle principali mining pool - l’hash price medio nelle ultime settimane è di $0,055. Si tratta del dato più basso da quando il mininig è effettuato con chip Asic (approfonditi nella fermata #8). Questo significa che allo stato attuale con un prezzo dell’energia elettrica a $0,06 kWh - ampiamente sotto a quello del mercato statunitense che viaggia a una media di $0,17 kWh - molti Asic popolari sarebbero poco sopra la soglia della profittabilità. Un Antminer S9, macchina ancora molto diffusa ma non certo tra le più efficienti in circolazione, minerebbe in perdita.
Investimenti pre-crisi energetica
Quindi per quale motivo l’hash rate continua a crescere?
Una consapevolezza diffusa nel settore è che il mercato ribassista sia un’ottima occasione per investire in nuovi macchinari e farsi trovare competitivi alla ripresa delle quotazioni. E’ quindi verosimile che i progetti di mining avviati l’anno scorso siano diventati operativi negli ultimi mesi. L’acquisto dei macchinari, la contrattazione dei prezzi energetici e i preparativi per mettere in piedi una struttura di mining richiedono una pianificazione piuttosto avanzata e, probabilmente, non ci si aspettava una crisi energetica di tale portata.
Oggi, quindi, per molti imprenditori può valere la pena far lavorare i loro nuovi ed efficienti impianti anche se per un guadagno molto ristretto o persino se leggermente in perdita. E’ un modo per accumulare più bitcoin possibili in modo da poterne poi godere una volta che il mercato sarà risalito e avere un vantaggio competitivo. Il punto sta nel capire per quanto tempo potranno continuare in queste condizioni di mercato. L’azienda americana Compute North, per esempio, lo scorso settembre ha dichiarato bancarotta.
Le rinnovabili per risparmiare
E’ evidente che la buona riuscita nella costruzione di un business legato al mining sia in gran parte dipendente dalla capacità di sfruttare il più possibile energia a basso costo. Fengqi You, professore di Ingegneria dei sistemi energetici alla Cornell University, ha spiegato in un’intervista a Fortune di aver riscontrato “una forte correlazione tra l'utilizzo di energia pulita e la riduzione dei costi”. In futuro, secondo You, sarà fondamentale spostare le operazioni minerarie in luoghi con migliori capacità rinnovabili, non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico.
Le parole del professore sono confermate dai dati più recenti pubblicati dal Bitcoin Mining Council, quelli riferiti al terzo trimestre di quest’anno.
Secondo il report l’industria Bitcoin è leader nel settore della sostenibilità con un mix di energia rinnovabile del 59,4%. La CO2 di cui è responsabile Bitcoin rappresenta lo 0,10% delle emissioni globali a fronte di un consumo di energia elettrica che ricopre lo 0,16% della produzione mondiale: 266 TWh, un dato paragonabile a quello dell’industria del gaming.
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Quale signing device scegliere?
Qual è il miglior signing device - più conosciuto come hardware wallet - per conservare i propri satoshi a lungo termine?
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Online su YouTube la live di lunedì scorso con Massimo Musumeci
Di seguito la nuova puntata dei video-approfondimenti live dedicati al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica. Questa settimana, prendendo spunto dalla puntata di Bitcoin Training, si è parlato dell’arte dell’orange pilling, ovvero di come avvicinare parenti e amici a Bitcoin. Appuntamento a lunedì 31 ottobre ore 17:00.
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